Lo rivela un un nuovo studio, condotto per The Information dalla società di ricerca Ghost Data. I profili falsi, gestiti non da persone ma da software, sarebbero i principali responsabili della diffusione di fake news
Siete alla ricerca di nuovi amici? In caso affermativo, guardatevi bene da cercarne nei social network. Secondo uno studio, condotto per The Information dalla società di ricerca Ghost Data, all’interno di Instagram, la popolarissima piattaforma social di Facebook che ha recentemente raggiunto un miliardo di utenti, almeno 95 milioni di questi, cioè quasi uno su dieci, non sarebbero umani. Si tratta infatti di bot, abbreviazione di robot, ovvero di account che, pur presentandosi come reali, sono programmati da software per comunicare e navigare sulla rete.
Un dato particolarmente significativo perché, secondo quanto spiegano gli esperti, questi account controllati da computer sono uno dei fattori chiave della diffusione di fake news, cioè di quelle notizie false di propaganda politica che hanno invaso i social network in vista delle elezioni presidenziali Usa del 2016. Quegli scandali hanno preso corpo principalmente su Facebook, WhatsApp e su Twitter, ma secondo gli esperti Instagram potrebbe essere la prossima frontiera della guerra alla disinformazione. D’altra parte Facebook, WhatsApp e Instagram sono tutti di proprietà della stessa azienda e cioè Facebook Inc. di Mark Zuckerberg.
Il fenomeno degli account ‘fantasma” non è cosa nuova. Già nel 2013 acquistare un pacchetto da mille follower o “amici” taroccati costava meno di 10 euro. Basta fare qualche ricerca su Google con richieste quali “buy twitter followers” o “buy facebook friends” o “likes” per rendersi conto che poco è cambiato. Società specializzate di social media marketing – in realtà vere e proprie “bot farm” come la misteriosa Rantic che sforna fino a 50mila fake al giorno, anche se la maggior parte ha sede in India, Bangladesh e Filippine – utilizzando numerosissimi intermediari fanno da anni ricchi affari, abbeverandosi a un comparto che solo nel 2014 ha mosso su Facebook 200 milioni di dollari. A essere cambiati sono semmai gli scopi per i quali queste sterminate utenze fantasma vengono fabbricate. Se prima si parlava di mero “social doping”, cioè di un aumento dei follower in ottica commerciale o di popolarità, magari per scalare nel ranking dei motori di ricerca, oggi si spazia su diversi fronti: dal dating, con l’aumento delle finte utenze femminili, al business delle recensioni finte, dalla propaganda interna alla criminalità organizzata passando per la lotta politica.
Un’utenza fasulla, prodotta in serie da software dedicati, ha lo scopo di mettere in atto determinati comportamenti (ritwittare solo alcuni tipi di contenuti, come nel caso dell’Isis, o adescare incauti utenti per ricattarli sessualmente) attraverso una finta identità umana, magari rubata a qualche profilo autentico, con il rischio che questi comportamenti siano assimilabili a quelli di un vero essere umano. Il timore è che il fenomeno diventi dilagante: secondo alcune fonti, su Facebook i profili falsi sarebbero circa 81 milioni, per altre oltre 130 ma la cifra più probabile è 170 milioni.
Fonte: AGI