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Mark Zuckerberg
Mark Zuckerberg difende Facebook, punto per punto. E lo fa da un pulpito inedito: non in un post o un’intervista ma con un commento firmato sul Wall Street Journal. “Di recente ho sentito molte domande sul nostro modello di business, quindi voglio spiegare i principi in base ai quali operiamo”.
L’articolo è una replica ad alcuni nodi sulla gestione dei dati e delle inserzioni pubblicitarie. Non a caso si intitola “The Facts About Facebook” (I fatti su Facebook). Ecco le sei accuse cui Zuckerberg ha voluto ribattere.
Facebook vende i dati degli utenti
Zuckerberg sottolinea di avere “bisogno delle informazioni” degli utenti “per il funzionamento e la sicurezza”. Ma sono gli iscritti a “controllare come li usiamo per la pubblicità”. La piattaforma è gratuita e “lavora separatamente con gli inserzionisti per mostrare annunci pertinenti”. Questo – spiega – può sembrare opaco e siamo tutti diffidenti nei confronti di ciò che non comprendiamo. A volte questo significa che le persone suppongono cose che non facciamo. Ad esempio, non vendiamo i dati degli utenti”.
Il ceo si riferisce al fatto che le informazioni raccolte non sono “vendute” direttamente agli inserzionisti. È Facebook che sfrutta i dati per garantire alle imprese di raggiungere il pubblico desiderato. Zuckerberg non ne fa una questione morale ma di business: “Vendere le informazioni delle persone agli inserzionisti sarebbe contrario ai nostri interessi commerciali, perché ridurrebbe il valore unico del nostro servizio”. Come a dire: se diamo i dati per soldi, la prossima volta non ci pagheranno perché potrebbero sfruttare le informazioni in autonomia. Per questo motivo “abbiamo un forte incentivo a proteggere le informazioni delle persone dall’accesso di chiunque altro”.
Facebook non è trasparente
Zuckerberg contrattacca sulla trasparenza. Facebook non sarebbe in realtà opaco. Anzi: “Consente maggiore trasparenza e controllo sugli annunci che vedi rispetto a tv, radio o stampa. Su Facebook, hai il controllo su quali informazioni utilizziamo e puoi bloccare qualsiasi inserzionista”. Il fondatore del più grande social network al mondo scrive che “i principi più importanti in materia di dati sono trasparenza, scelta e controllo”. E si dimostra disponibile a una “regolamentazione che codifica questi principi su Internet” perché “sarebbe un bene per tutti”.
Facebook raccoglie più dati del necessario
A chi sostiene che Facebook ottenga più informazioni e le conservi più a lungo del necessario, Zuckerberg risponde che sì, “non c’è dubbio” che la raccolta si abbondante. Ma per il fondatore è “importante per l’efficacia ma anche per la sicurezza dei nostri servizi”.
Dev’esserci un’alternativa alla pubblicità
Come già fatto difronte al Congresso, Zuckerberg spiega poi perché non ci possa essere un’alternativa a un modello basato sulla pubblicità. “Quando ho fondato Facebook, non stavo cercando di costruire un’azienda globale. Mi resi conto che in Internet si poteva trovare quasi qualsiasi cosa eccetto quella che conta di più: le persone. Se ci impegniamo a servire tutti, allora abbiamo bisogno di un servizio accessibile a tutti. Il modo migliore per farlo è offrirlo gratuitamente”. E al momento l’unica soluzione è la pubblicità. Il modello che ha “chiari vantaggi”: da una parte “miliardi di persone ricevono un servizio gratuito per esprimersi e rimanere in contatto con coloro a cui stanno a cuore”.
Mark Zuckerberg davanti al Congresso Usa
Dall’altro “le piccole imprese hanno accesso a strumenti che le aiutano a crescere”. Su Facebook oggi ce ne sono “oltre 90 milioni”. “La maggior parte non poteva permettersi di comprare pubblicità televisive o cartelloni pubblicitari, ma ora ha accesso a strumenti che solo le grandi aziende potevano usare. Stanno usando i nostri servizi per creare milioni di posti di lavoro”.
Gli interessi di Facebook sono contrari a quelli degli utenti
Altro tema, altra risposta: “Alcuni temono che gli annunci creino un disallineamento tra i nostri interessi e quelli degli utenti”. Cioè, in sostanza, che Facebook incoraggi le persone a condividere e navigare anche a discapito della loro qualità della vita e della loro privacy. Zuckerberg nega: “Siamo molto concentrati nell’aiutare le persone a condividere e connettersi di più. Ma dal punto di vista commerciale, è importante che il loro tempo sia ben speso, oppure non utilizzeranno i nostri servizi nel lungo termine. Clickbait e altre porcherie possono creare coinvolgimento solo nel breve periodo, ma sarebbe folle favorirli intenzionalmente, perché sono ciò che gli utenti vogliono”.
I post nocivi ci sono perché conviene
Se gli utenti e le imprese non vogliono contenuti nocivi, perché Facebook è ancora pieno di post che lo stesso Zuckerberg definisce “dannosi e divisivi”? Il problema esiste, ma non per volontà del social quanto per una sua mancanza: “L’unico motivo per cui i contenuto nocivi ci sono ancora è perché lo staff e i sistemi di intelligenza artificiale che utilizziamo per esaminarli non sono perfetti, non perché abbiamo un incentivo a ignorare il problema”.
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