di Sandro Zilli, Innovation Manager e Resp. Osservatorio AIDR per l’Innovazione e la Crescita Digitale
In un mondo che cambia rapidamente e rende la realtà in cui operano le aziende
sempre più mutevole e inafferrabile, la trasformazione digitale non rappresenta
solo un’alternativa per arrivare al successo ma una necessità non più
procrastinabile. Le aziende si trovano di fronte ad una svolta cruciale: cambiare il
loro business mediante una differente visione che li conduca ad un nuovo modello
operativo basato sulla profonda integrazione tra cultura, persone, processi aziendali
e le tecnologie abilitanti.
Questo sostanziale ripensamento del modo di operare, dei modelli di business e
dell’intera customer experience , diventa il focus principale dell’impresa e va
delineando uno scenario in cui i prodotti e servizi destinati al successo, sono quelli
che mettono al centro i clienti ed i loro bisogni, utilizzando il digitale come un
acceleratore in grado di cambiare le loro esperienze di acquisto quotidiane. Ad
esempio, quando una pluralità di soggetti concorrono on-Line con una vasta offerta
di prodotti e servizi, diventa molto più semplice per il consumatore fare comparazioni
tra questi e difficilmente accetterà o si accontenterà di condizioni che non sono in
linea con quelle del mercato. Questo meccanismo di fatto sta cambiando la qualità di
vita delle persone e contemporaneamente le prestazioni offerte dalle aziende.
Gli elementi chiave di questo cambiamento sono la velocità, la semplicità,
la scalabilità, la trasparenza, l’agilità e soprattutto l’approccio “data driven” delle
imprese; ovvero l’abilità di sfruttare efficacemente i dati, dalle cui informazioni è
possibile conseguire risultati aziendali specifici e la creazione delle
soluzioni “Human Centered” . La corretta analisi e interpretazione dei dati, può
favorire cambiamenti importanti in termini di prodotti e servizi, può consentire alle
aziende di sfruttare nuove opportunità di business e soprattutto, permette di avere
un approccio del tutto nuovo nei confronti dei clienti, fornendo loro servizi o prodotti
personalizzati. I dati dunque stanno rivoluzionando l’economia, sono il punto di
partenza di ogni business, lo strumento chiave per affrontare le sfide della crescita,
per incrementare le performance e la competitività di un’impresa, che proprio grazie
ai dati potrà rispondere con rapidità al cambiamento del comportamento dei
consumatori, dei loro bisogni o delle condizioni di mercato. Proprio tale reattività al
mutamento degli scenari determinerà la probabilità che l’azienda abbia successo.
In questo contesto è evidente che i dati sono l’asset fondamentale su cui si
fonda il valore di un’azienda : non solo di quelle innovative nate su internet o delle
startup, ma soprattutto delle aziende esistenti che hanno una storia e quindi un
“patrimonio dati” riguardante i loro clienti, le loro abitudini di acquisto, il track record
delle vendite di prodotti e dei processi correnti.
La sfida più grande si pone proprio di fronte a queste aziende “incumbent”
(aziende tradizionali con paradigmi di business legati al passato) che devono
chiedersi se sono in grado di trarre vantaggio dalla grande quantità di dati in loro
possesso, oppure se sono in grado di migliorare, testare o implementare modelli di
business digitali evolutivi.
Molte ricerche e sondaggi come quello pubblicato dalla rivista Harward Business
Review relativo al Customer Experience Gap Report , supportano questa tesi,
rilevando ancora una forte resistenza alla trasformazione verso il modello ‘’data
driven’’; infatti solo il 15% degli intervistati ha dichiarato che la propria
organizzazione è attualmente molto efficace nel fornire un’esperienza al cliente
pertinente ed affidabile. Nello stesso sondaggio, solo il 3% degli intervistati dichiara
di essere in grado di agire su tutti i dati dei clienti che raccolgono, mentre il 21%
afferma di potersi attivare in maniera limitata verso una logica data driven.
Tale inerzia di fronte al cambiamento da parte di alcune aziende rischia di lasciare
spazio a nuove realtà come ad esempio le startup, che risultano più agili e snelle
dal punto di vista dei processi e della struttura, capaci di avvantaggiarsi delle
nuove tecnologie per raccogliere dati ed effettuare analisi sempre più avanzate.
Questa sarà la chiave del successo che probabilmente permetterà nel futuro di
conquistare sempre maggiori quote di mercato. Il McKinsey Global Institute, in un
suo report rileva che le organizzazioni data driven, hanno maggiori possibilità di
acquisire clienti (in media +23%) di mantenerli fedeli (in media +6%) e di
conseguenza sono più redditizie in media del 19%.
Il tema legato ai dati è sicuramente un ottimo punto da cui partire per intraprendere
un percorso di digital transformation coerente e responsabile, poiché un utilizzo
consapevole e strategico dei dati porta con sé una serie di reazioni a catena, tra cui
un nuovo approccio al cliente, un cambiamento degli asset aziendali e nuovi modelli
organizzativi che modificano in modo sostanziale il business delle aziende,
innescando così una trasformazione radicale.
La trasformazione digitale rappresenta sicuramente uno sforzo complesso ma
irrinunciabile. La capacità di reimmaginare digitalmente il proprio business è
determinata soprattutto da una chiara strategia digitale supportata dai leader
aziendali che devono promuovere una cultura in grado di cambiare e inventare il
nuovo. Sebbene la trasformazione digitale abbia molti tratti in comune con
precedenti rivoluzioni tecnologiche, ciò che in questo caso è unico e distintivo è la
necessità di esplorare e assumersi il rischio di cambiare; accettare un temporaneo
fallimento come prerequisito per il successo è la sfida culturale che è di fronte ai
nostri manager e leader aziendali.
Per ogni Google, Amazon o Facebook che assume rischi importanti nell’esplorare
diverse opportunità, scenari, soluzioni, cercando sempre nuovi vantaggi
competitivi, ci sono centinaia di altre aziende che stanno ancora giocando sul
sicuro rifiutando l’incertezza del cambiamento. Finiscono così per offrire
inconsapevolmente ai loro concorrenti “disruptor digitali” continue occasioni di
superarli.
Come ha detto saggiamente Phil Simon, professore e autore di libri su tecnologia e
management “Oggi i costi dell’inazione superano i costi dell’azione”.