Lontano da caos, smog, inquinamento e tecnologia, esiste ancora un continente primitivo e selvaggio, un mondo abitato da popolazioni che, a causa del loro isolamento geografico, hanno mantenuto intatti usi, costumi e tradizioni ancestrali
Un viaggio in Etiopia – come suggerisce Earthviaggi che propone un viaggio in Etiopia con partenza il 7 agosto – lungo la Rift Valley e nella Valle del fiume Omo, al confine con il Kenya, è una sorta di missione antropologica alla scoperta di uomini-guerrieri che mostrano con orgoglio scarificazioni corporee, pastori dal corpo dipinto da colori vivaci, donne che portano piattelli labiali e acconciature sgargianti.
Sullo sfondo si muove un paesaggio di laghi in cui vivono coccodrilli e ippopotami e nidificano migliaia di uccelli, montagne maestose, crateri vulcanici, savane che si alternano a zone coltivate con terrazzamenti. Dal lago nero, che si apre come una pupilla nel cratere di El Sod, sprofondato per oltre 100 metri nelle viscere della terra, i Borana estraggono con fatica pochi chili di un sale nero pregiatissimo, che viene insacchettato e venduto nei mercati: questa popolazione di pastori nomadi è anche conosciuta per gli ingegnosi abbeveratoi per il bestiame scavati nella roccia.
La popolazione dei Dassanech vive invece nel villaggio sulle sponde del fiume Omo più meridionale dell’Etiopia, a pochi passi dal confine con il Kenya, in caratteristiche capanne dal tetto a cupola: sono pastori seminomadi che si spostano al ritmo delle stagioni e hanno dato vita di una società altamente egualitaria, con un sistema sociale basato su forti relazioni di reciprocità.
I Karo, un sottogruppo etnico degli Hamer, vivono in capanne di legno e paglia adagiate poco distante dal fiume Omo. Gli uomini di questa popolazione curano in maniera maniacale il proprio aspetto, studiano nel minimo dettaglio le acconciature e decorandosi con pitture corporali elaboratissime; i Karo praticano il rito della scarificazione: se le donne si incidono il seno per motivi estetici e per essere più attraenti, le cicatrici sul petto degli uomini indicano invece il numero dei nemici o degli animali feroci uccisi.
Ma questa non è l’unica pratica insolita utilizzata dalle antiche popolazioni etiopi: per le donne Mursi infatti è segno di bellezza e motivo di grande orgoglio portare il piattello labiale; gli uomini di questa etnia si dedicano invece al combattimento e alla lotta, che costituiscono la forma più alta di prestigio e di rispetto, e la forza fisica è considerata espressione massima di valore e di potenza.
Antonio Devetag