L’impegno dell’Unione Europea verso il nostro Paese nei prossimi sei anni (2021-2026), dunque, è pari a circa 210 miliardi di euro, che arrivano addirittura a 310 miliardi se viene considerata anche la programmazione di bilancio per il quinquennio 2021-26. È il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il dossier che l’Italia dovrà presentare a Bruxelles entro fine aprile per ottenere i fondi necessari per la ripresa post pandemia.
Un secondo Piano Marshall – come è stato da molti definito – e un impegno senza precedenti. Una grande occasione per lo sviluppo del Paese nel futuro prossimo, che chiama gli italiani a uno sforzo collettivo e urgente.
La prima missione, dedicata al tema “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, si pone come obiettivo la modernizzazione del Paese, abbracciando la rivoluzione digitale sia nella pubblica amministrazione che nel suo sistema produttivo, prevedendo le necessarie riforme di sistema – quella della Giustizia e il completamento di quella della Pubblica Amministrazione – e, infine, investendo nei settori che più caratterizzano l’Italia e ne definiscono l’immagine nel mondo: il Turismo e la Cultura. Il tema del turismo ricorre spesso – già associato alla stagione estiva 2020 e oggi anche all’incertezza della ripartenza e alla chiusura del comparto sciistico – e risulta sempre attuale: non solo per il notevole valore del patrimonio culturale e paesaggistico, riconosciuto in tutto il mondo, ma anche e soprattutto per la crisi di un intero settore, che forse più di tutti ha pagato e sta pagando le conseguenze della pandemia da Covid-19.
Non a caso lo stesso premier Draghi ha dichiarato con forza, in occasione del suo discorso al Senato, che il turismo deve essere un valore fondamentale da sviluppare e tutelare: «Dopo la pandemia alcuni non riapriranno, ma il turismo riaprirà. Investire nel turismo, sostenerlo, non significa buttare via i soldi. Perché quei soldi torneranno indietro». Il premier, tuttavia, ha sottolineato anche l’importanza del cambiamento: «Alcuni modelli di crescita dovranno cambiare. Ad esempio il modello di turismo, un’attività che prima della pandemia rappresentava il 14% del totale delle nostre attività economiche. Imprese e lavoratori in quel settore vanno aiutati ad uscire dal disastro creato dalla pandemia. Ma senza scordare che il nostro turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della
nostra capacità di preservare, cioè almeno non sciupare, città d’arte, luoghi e tradizioni che successive generazioni attraverso molti secoli hanno saputo preservare e ci hanno tramandato».
Dichiarazioni che ci lasciano ben sperare. Nella fattispecie del settore turistico-culturale, è necessario non solo un intervento di sostegno reale, ma anche una visione, una strategia di sviluppo, un’idea di espansione per rafforzare la nostra industria.
Di sicuro, le somme dedicate e inserite nel piano non sono sufficienti, considerando che turismo e cultura sono due linee di intervento, seppur interconnesse, comunque differenti. Al momento, è quantomeno importante fare sinergia tra i macro attori coinvolti nella filiera e concentrare gli sforzi in progetti di sviluppo che mirino principalmente a fare sintesi, tra innovazione, green e patrimonio culturale.
Paola Mansi, socio Aidr e uffici di staff AgID