A pochi giorni dalla Giornata mondiale delle malattie rare (29 febbraio) la multinazionale biofarmaceutica Sobi organizza l’incontro “Sobi Talk”, un momento di condivisione dedicato alle storie delle persone con patologie rare, con l’obiettivo di fare luce sui loro bisogni ancora insoddisfatti e sulla necessità e di delineare uno scenario della situazione nel nostro Paese.
L’incontro, dal titolo “Raro ma vero. Ogni storia è un percorso di inclusione”, si è svolto martedì 20 febbraio nella sede milanese dell’azienda, con la partecipazione dei rappresentanti delle principali Associazioni pazienti nell’ambito delle malattie ematologiche rare – Luigi Ambroso, Vicepresidente della Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) e Barbara Lovrencic, Presidente dell’Associazione Italiana Porpora Immune Trombocitopenica (AIPIT APS) – in dialogo con la Dr.ssa Chiara Biasoli, Responsabile Centro delle Malattie Emorragiche Congenite della Romagna Ospedale Bufalini Cesena e con l’intervento di Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Giornalista, Fondatrice e Direttrice di Osservatorio Malattie Rare (OMaR),
Spesso l’aggettivo ‘raro’ può trarre in inganno: si riferisce, infatti, all’incidenza di ciascuna malattia sulla popolazione generale, oltreché alla peculiarità e specificità delle patologie rare. Se prese nel loro complesso, le malattie rare riconosciute sono oltre 6mila1, con oltre 300 milioni di persone che ne sono colpite in tutto il mondo1 e oltre 2 milioni solo in Italia2. “In questo scenario, è fondamentale trovare un filo conduttore, un comune denominatore che aiuti a fare luce sull’insieme di esigenze e necessità diversificate di chi ha una o più malattie rare: perché ogni percorso concreto di inclusione parte proprio dall’individuazione dei bisogni di assistenza a 360°, non solo medici ma anche sociali e psicologici” spiega Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Giornalista, Fondatrice e Direttrice di Osservatorio Malattie Rare (OMaR). “Un fatto tanto più importante se si considera che, se si guarda alle malattie rare di origine genetica, oltre il 70% ha esordio nell’infanzia1. Non solo: oggi, fortunatamente, molte persone con patologie rare hanno la possibilità di gestire e, di fatto, ‘convivere’ con la malattia lungo il corso di vita. La cronicità è un fattore importante, che crea bisogni di assistenza nuovi – non solo strettamente medici – da tenere in massima considerazione per una adeguata presa in carico anche in età più avanzata”.
“Vivere con una malattia rara spesso comporta vivere con la sensazione di isolamento. La Trombocitopenia Immune (o ITP) è una malattia ematologica poco conosciuta ma che porta con sé sintomi importanti. L’astenia o fatigue e l’imprevedibilità del decoroso della patologia hanno un forte impatto sulla qualità di vita delle persone, inclusa la sfera sociale” commenta Barbara Lovrencic, Presidente dell’Associazione Italiana Porpora Immune Trombocitopenica (AIPIT APS). “Per fare un esempio, da una recente indagine è emerso che oltre il 90% delle persone con ITP coinvolte nella ricerca ha dovuto modificare il proprio percorso professionale per via della malattia. Sensibilizzare le persone su questa patologia è solo un primo passo per individuare insieme percorsi di inclusione concreti, che tengano conto delle specificità e dei limiti legati a questa patologia ma nello stesso tempo permettano il raggiungimento di obiettivi personali, dando il proprio contributo nella società”.
Uno dei timori delle persone con patologie rare è quello di essere emarginate: sentirsi accolti e accettati è fondamentale a ogni età, in particolar modo da bambini. “Chi cresce con l’emofilia sa bene quanto, sin dall’inserimento scolastico, alcune differenze possano pesare: l’esclusione, ad esempio, da alcune attività sportive oppure la necessità di uscire prima da scuola per l’appuntamento con l’ematologo” racconta Luigi Ambroso, Vicepresidente della Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo). “Noi di FedEmo, negli anni, ci siamo attivati proprio per dare risposta a questo bisogno di inclusione lungo tutto il percorso di vita delle persone con emofilia. Un impegno che riteniamo fondamentale non solo per contribuire a creare una società più inclusiva verso le persone che hanno questa specifica malattia, ma per tutti. Le malattie rare, infatti, nella loro complessità e peculiarità, costituiscono spesso un esempio paradigmatico, un punto di riferimento per il miglioramento della gestione e presa in carico a 360 gradi anche di altre condizioni più comuni”
Le malattie ematologiche rare, come l’emofilia e la Trombocitopenia Immune o l’Emoglobinuria Parossistica Notturna, presentano necessità di assistenza e gestione specifiche. “L’ematologa o l’ematologo che si occupi di patologie rare del sangue non può che diventare un punto di riferimento per i propri assistiti. Questo perché gli specialisti sul territorio sono presenti in numero ridotto, a fronte di patologie la cui gestione clinica è altamente complessa, in primis per via della cronicità” spiega la Dr.ssa Chiara Biasoli, Responsabile Centro delle Malattie Emorragiche Congenite della Romagna, Ospedale Bufalini Cesena. “Penso sia fondamentale che lo specialista possa offrire un supporto multidisciplinare, che vada oltre gli aspetti più strettamente medici collegati alla diagnosi e alla gestione clinica della malattia, accompagnando le persone e ascoltandole anche quando si tratta dei loro bisogni psicologici e sociali.”
Oltre all’impegno sul piano clinico, Sobi Italia porta avanti diverse progettualità che nascono proprio dall’ascolto degli unmet needs delle persone con malattie rare, offrendo loro nuove opportunità e strumenti che favoriscano una maggiore inclusione. “Gli incontri Sobi Talk sono uno spazio di dialogo e riflessione sui temi più attuali e le trasformazioni in corso nel contesto ancora poco noto, ma per noi di Sobi fondamentale, delle malattie rare” conclude Annalisa Adani, Vice President e General Manager Sobi Italia, Grecia, Malta e Cipro. “Momenti che hanno l’obiettivo di aiutarci ad analizzare la situazione presente e fare luce sui bisogni ancora insoddisfatti delle persone che vivono con queste patologie, dando spazio alle loro storie di vita. La condivisione è fondamentale per individuare insieme possibili nuovi percorsi di inclusione”.