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17 maggio: contro omofobia, bifobia e transfobia. Ordine Assistenti Sociali del Piemonte: “Persone e non categorie, oltre le etichette e dalla parte dei diritti umani”

Il 17 maggio del 2007 l’Unione europea ha istituito la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia per condannare le discriminazioni che ancora moltissime persone subiscono sulla base del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere.
L’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte interviene per ribadire la centralità della persona. Antonio Attinà (Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) afferma: «L’omotransfobia è un problema complesso che si palesa in modi differenti: oltre alle aggressioni fisiche, frequente è l’hate speech, l’incitamento all’odio sul web, in particolare sui social media. È un fenomeno basato su pregiudizi, sulla mancanza di strumenti culturali e politici. Le persone non riescono ad elaborare le proprie paure e affrontare i mutamenti sociali. L’impegno degli assistenti sociali piemontesi è orientato a promuovere i valori di contrasto alle discriminazioni e a diffondere la conoscenza. È importante far comprendere che dietro ogni etichetta o categorizzazione c’è una persona ed in quanto tale deve essere rispettata nella sua dignità umana e tutelata nel diritto di percorrere la sua vita senza dover subire violenze e aggressioni, fisiche e/o verbali».
La situazione merita grande attenzione e i numeri lo mostrano con chiarezza. Secondo i dati di ILGA-Europe riferiti al riconoscimento dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersessuali, l’Italia si attesta al 35º posto su un totale di 49 Paesi, classificandosi ultimo tra i grandi Paesi occidentali. Dall’ultima ricerca di marzo 2021 dell’Agenzia Europea dei Diritti Fondamentali sulle persone LGBTI+: in Italia si evidenzia che il 62% evita di prendere per mano la persona amata in pubblico e il 30% non frequenta alcuni luoghi per paura di subire aggressioni. Il 23% dichiara di aver subito discriminazioni sul lavoro, il 32% di aver subito almeno un episodio di molestia nell’ultimo anno e l’8% un episodio di aggressione fisica negli ultimi 5 anni. Solo 1 persona su 6 ha denunciato questi episodi.
Simona Passanante (Consigliera Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) precisa: «La pandemia è stata un acceleratore di tendenze che già si erano mostrate negli anni precedenti: durante il lockdown la situazione è peggiorata anche nei contesti familiari. Persone che sono state cacciate di casa dalla propria famiglia, vittime di un totale rifiuto accompagnato ad atti di violenza verbale e/o fisica. Una ricerca di Gay Help Line ha dimostrato che nel 2020 in media una persona su tre ha subito episodi di discriminazione da parte delle persone con cui
vive, come battute offensive, isolamento o violenze. Il 15,7% di entità grave. Tra i minori di 18 anni, il 77,53% ha problemi di accettazione e supporto da parte delle persone con cui vive. È davvero grave se così tanti ragazzi non trovano comprensione e protezione all’interno della loro famiglia. I servizi sociali possono avere un ruolo ancora più rilevante nell’attività di prevenzione e rinsaldamento dei legami familiari, sia nel diventare un punto di riferimento
per affrontare le crisi familiari e per i figli omosessuali sia nello svolgere un lavoro congiunto con le associazioni che operano sul campo e con le scuole per progetti di sensibilizzazione».
L’Ordine assistenti sociali piemontese prende posizione pubblicamente a fianco delle persone Lgbt* contro gli atti di violenza ed i crimini di odio su base omofoba da molti anni. Al contempo, quotidianamente gli assistenti sociali nell’esercizio di ruolo, con i mezzi a disposizione, portano avanti azioni, strettamente connesse ai valori fondanti la professione, come la giustizia sociale, i diritti umani, la responsabilità collettiva ed il rispetto delle diversità.
«Spetta alla politica, a tutti i livelli, – conclude Antonio Attinà – farsi carico della responsabilità di contrastare le tendenze omofobe in atto partendo da un diverso paradigma perché si realizzi un cambiamento culturale. Tutelare i diritti vuol dire tutelare le differenze e sul piano della politica attiva è necessario siano rafforzati percorsi educativi per la costruzione di una comunità inclusiva, affinché le nuove generazioni possano fare propri i valori della diversità, per un nuovo sviluppo culturale che consenta di aprire varchi e costruire ponti contro i muri dell’indifferenza o peggio ancora dell’odio. Grande clamore ha suscitato il Disegno di legge Zan che intende intervenire a tutela delle persone Lgbt+ contro gli autori di aggressioni e violenze. L'approvazione di questa legge potrà aggiungere un altro tassello verso il riconoscimento e la tutela dei diritti umani, ma la cultura della tolleranza e dell’inclusione si fa anche sui territori. Noi diamo la nostra disponibilità ad operare insieme ai decisori politici per individuare nuove strade e nuove iniziative utili a far fare un salto di qualità alla nostra comunità sociale perché tutti i cittadini si possano sentire liberi di essere semplicemente chi sono».

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