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Medito dunque sono: la scienza conferma l’importanza di questa pratica.

Sempre più studi dimostrano e confermano le potenzialità di questa semplice e antica tecnica ancestrale che consiste semplicemente nel rilassarsi e respirare senza pensare a nulla.

Mindfulness, meditazione, ritiro introspettivo, tanti nomi per chiamare la stessa identica cosa. Una capacità insita nell’essere umano e nei suoi geni che poco viene utilizzata e che servirebbe moltissimo ad aiutarci nella comprensione del mondo e di noi stessi.

Nell’immaginario comune coloro che si dedicano a pratiche meditative sono spesso considerati stravaganti, eccentrici, un po’ folli ed eremiti, simili a certi personaggi dei cartoni animati stralunati e fra le nuvole, a piedi scalzi e con le rotelle un tantino fuori posto.

In verità sono molte le persone che meditano al mondo e sono sempre più gli studi che dimostrano l’importanza di questa ancestrale pratica.

Uno studio condotto da Sara W. Lazar presso l’Università di Harvard ha dimostrato come la meditazione plasmi strutturalmente il cervello. Non solo meditando si riduce l’amigdala, area cerebrale dedicata alla gestione della paura, ma si combatte lo stress e si potenzia il sistema immunitario.

Meditando si è più presenti e ciò porta serenità e felicità. La maggior parte delle persone mentre compie azioni pensa a tutt’altro e ciò causa forti squilibri, non solo da un punto di vista psicologico ma soprattutto fisico. Più la mente è attenta, più si è felici, dunque meditare rende felici.

Il gruppo di ricerca di Eileen Luders dell’Università della California, Los Angeles ha osservato le differenze tra i meditatori e i non meditatori scoprendo che esistono delle vere e proprie differenze strutturali tra i due tipi di cervello. Il sistema nervoso di coloro che sono abituati a praticare meditazione è maggiormente sviluppato e dotato di un numero maggiore di connessioni neuronali.I ricercatori hanno inoltre dimostrato come un solo giorno di intesa meditazione riduca l’attività dei geni che regolano le infiammazioni e alterano le funzioni enzimatiche coinvolte nel funzionamento genetico.

La cosiddetta Mindfulness si è rivelata formidabile nel far emergere a chi la pratica capacità naturali latenti. Ciò è ben illustrato da uno studio del Wake Forest Baptist Medical Center apparso sul Journal of Neuroscience in cui si dimostra che in seguito a 4 giorni intensivi di meditazione nei cervelli dei soggetti osservati si è registrato un incremento nell’attività di aree cerebrali che gestiscono il controllo cognitivo, oltre a una disattivazione del talamo, coinvolto nella percezione del dolore.

Una recente ricerca condotta dall’University of British Columbia pubblicata su Neuroscience & Biobehavioral Reviews ha rivelato come nei meditatori esperti avvengano modificazioni sensibili in almeno otto aree del cervello. La differenza più notevole riguarda l’incremento della superficie della corteccia cingolata anteriore, un’area coinvolta nel controllo dell’attenzione. Altri studi hanno riscontrato invece una riduzione dell’amigdala destra, regione collegata all’elaborazione delle emozioni negative.

Ma in cosa consiste meditare? Vi stupirà sapere che è molto meno complicato e sofisticato di quanto si creda. Ogni cultura ha sviluppato precise tecniche meditative ma sostanzialmente basta stare nella presenza del momento. Come? Vi sedete, vi concentrate sul vostro respiro profondo e diaframmatico, svuotate la mente da ogni pensiero. Cercate il silenzio. Con un po’ di allenamento chiunque potrà raggiungere dei buoni risultati.

A questo punto stupisce il fatto che questa antica tecnica non venga insegnata ai bambini fin da piccoli, a scuola, dal dottore e, perchè no, perfino  in televisione. Uno strumento del genere capace di rafforzarci e equilibrarci in questo modo incredibile dovrebbe forse venire divulgato e trasmesso alla popolazione per il benessere di tutta la collettività.

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