avvocatoinprimafila il metodo apf

COVID-19, presto cure e vaccino oppure no? A che punto siamo

E’ difficile districarsi dalla babele di parole, opinioni, dati espressi attorno alla pandemia da coronavirus COVID-19.

Un giorno si ricevono messaggi consolatori e speranzosi: il vaccino sarò presto pronto, si stanno testando cure efficaci, il virus è mutato e non è più letale, ecc.

Il giorno successivo altri esperti ci dicono che non ne usciremo prima del 2022, che per il vaccino ci vuole tempo, che il virus non è mutato e che stanno riesplodendo i casi e sta crescendo la mortalità.

A chi e a cosa credere? Proviamo a fare un po’ di chiarezza, per quanto ci è possibile.

Diversi vaccini hanno raggiunto la fase 3 di test, è notizia recentissima che anche il vaccino della Johnson&Johnson ha raggiunto tale fase, ed è il quarto solo negli Stati Uniti. Di solito ci vogliono molti mesi per concludere la fase 3 di test, ma molte aziende, compiendo un importante sforzo tecnologico, hanno promesso che, salvo inciampi, questa volta i tempi saranno più ristretti.

Secondo il ministro della Salute Speranza, entro fine anno potrebbero essere disponibili le prime dosi da somministrare al personale medico e ospedaliero e tra circa 6 mesi potremmo essere fuori dall’epidemia. Tali previsioni ottimistiche sono condivise da capi di stato come Trump.

Ma ci sono anche i pessimisti. La virologa Ilaria Capua ha dichiarato alla trasmissione TV DiMartedì, che i vaccini non saranno pronti prima del prossimo autunno e che usciremo dalla situazione di emergenza solo nel 2022. Bill Gates ha espresso gli stessi concetti pochi giorni prima.

Il virus è cambiato o no? Secondo molti studi scientifici, esistono diversi ceppi del virus, ma non si notano significativi mutamenti nella sua composizione. Questo virus, nonostante sia privo del DNA e pertanto di un sistema di controllo, muta poco. Che per l’efficacia dei futuri vaccini, è una notizia buona.

Alcuni medici, invece, sostengono che il virus è mutato, o almeno che le sue manifestazioni cliniche sono mutate e sono meno gravi.

Ma qual è la causa? Il virus in sé o la migliore capacità di prevenzione e cura che abbiamo adottato? O il periodo climatico più favorevole?

Inoltre, in alcune nazioni a noi vicine come la Spagna e la Francia, stiamo assistendo a un nuovo aumento della mortalità, anche se non nei termini del periodo tragico primaverile.

Sappiamo che i virus respiratori manifestano i loro effetti soprattutto nei mesi invernali, per cui c’è da aspettarsi una recrudescenza della malattia (quindi contagio associato a sintomi) man mano che si procederà verso la stagione fredda? Secondo diversi esperti è proprio questo il rischio, anche se un po’ tutti concordano sul fatto che, continuando ad adottare le misure di prevenzione ormai ben note (sanificazione, igiene delle mani, distanziamento sociale, uso della mascherina), un’eventuale seconda ondata non sarà grave quanto la prima.

Exit mobile version