L’ultima era glaciale portò una temperatura globale di circa 7°C inferiore ai valori attuali. Il dato, che forse non sorprende, rappresenta un valore molto importante perché non stiamo parlando di variazioni locali bensì di variazioni globali e in tal senso è da considerarsi evidentemente una deviazione considerevole.
La quantificazione di questa anomalia è stata misurata da un gruppo di ricercatori dell’Università dell’Arizona. Ricordiamoci che l’ultimo periodo glaciale è stata l’ultima delle quattro glaciazioni che hanno avuto luogo dal Pleistocene al Quaternario. Cominciò 110.000 anni fa e terminò intorno al 10.000 a.C., lasciando il posto all’Olocene o periodo post-glaciale, il periodo in cui ci troviamo oggi.
Durante l’ultima glaciazione vaste aree della terraferma furono occupate da calotte glaciali, il clima si raffreddò a livello planetario causando tra l’altro anche una diminuzione della superficie degli oceani e dei mari.
Le principali aree coperte dal ghiaccio erano le Ande della Patagonia, l’intera catena montuosa delle Ande fino alla catena montuosa della Colombiana orientale, la Nuova Zelanda, la Scandinavia, le Alpi, il nord della Cordigliera nordamericana, l’area dei grandi Laghi, l’Islanda, le isole britanniche.
L’eredità dell’ultima glaciazione è visibile tutt’ora, ovvero i grandi ghiacciai della Groenlandia o dell’Antartide (giusto per citare gli esempi più eclatanti) derivano da quel periodo.
Per avere un’idea di quanto sia enorme l’anomalie termica è stata confrontata con il clima attuale, ovvero con una temperatura media globale che nel 20° secolo è stata paria a 14°C. Questi dati confermano ciò che i modelli climatici ipotizzano per il futuro, ovvero che i poli del pianeta reagiscono in modo più brusco ai cambiamenti termici globali.
Numerosi studi hanno previsto che le alte latitudini si riscalderanno più velocemente delle basse latitudini ed è ciò che abbiamo osservato anche nel corso dell’Estate (con l’Artico letteralmente rovente).
Fonte meteogiornale.it