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Sarà il vetro a salvare il ghiaccio dell’Artico? La bizzarra proposta arriva dagli USA

La perdita di ghiaccio artico si fa di anno in anno più critica. E’ notizia di qualche giorno fa che quest’anno si è raggiunto il secondo minimo di estensione da quando si effettuano le rilevazioni.

Secondo le previsioni dei climatologi, fra pochi decenni il ghiaccio marino artico potrebbe sparire completamente durante il periodo estivo e nel timore che l’azione per combattere il cambiamento climatico sia troppo lenta, alcuni scienziati stanno testando metodi non convenzionali per arginare la perdita del ghiaccio.

Una delle caratteristiche più importanti del ghiaccio è quella di riflettere la luce solare nello spazio (effetto albedo). L’aumento delle temperature ha causato nella zona artica un circolo vizioso: il ghiaccio che riflette la luce solare si scioglie nell’acqua più scura, la quale assorbe più calore rispetto al ghiaccio. L’acqua più calda accelera ulteriormente lo scioglimento di altro ghiaccio, e così via. Questo è il motivo, noto anche come fenomeno di amplificazione artica, per cui l’Artico si sta riscaldando circa il doppio del resto del pianeta.

Per interrompere questo feedback negativo, arriva una proposta avanzata dall’Arctic Ice Project, organizzazione americana senza scopo di lucro, che appare bizzarra: spargere un sottile strato di polvere di vetro riflettente su parti dell’Artico, nel tentativo di proteggerlo dai raggi del sole e aiutare il ghiaccio a ricrescere. “Stiamo cercando di rompere il ciclo di feedback e iniziare la ricrescita”, ha affermato Leslie Field, uno degli scienziati a capo del progetto.

Il team di ricerca ha già effettuato alcuni esperimenti, spargendo minuscole sfere di silicio in alcuni piccoli laghi degli Stati Uniti e del Canada, con risultati incoraggianti. Ad esempio, in un laghetto nel Minnesota, solo pochi strati di polvere di vetro rendevano il ghiaccio giovane il 20% più riflettente, abbastanza da ritardarne lo scioglimento. In primavera, nelle zone trattate con le sfere di vetro c’era ancora ghiaccio, nelle altre no.

Il progetto ha in programma di distribuire strategicamente la polvere di silicio per proteggere alcune aree dell’Artico particolarmente vulnerabili, come lo stretto di Fram tra la Groenlandia e le Svalbard. Secondo i risultati di un modello climatico presentati lo scorso dicembre all’American Geophysical Union, il trattamento dello stretto di Fram potrebbe portare a una ricrescita di ghiaccio su larga scala in varie parti dell’Artico.

Ma non tutti sono d’accordo. In generale, ci sono dubbi sull’utilizzo dei metodi di geoingegneria per alterare il clima o i suoi effetti, in quanto non si sa bene quali effetti di feedback potrebbero provocare.

In particolare, per quanto attiene a questo progetto, ci sono molti dubbi da parte dei biologi, che temono che queste sfere di vetro, per quanto minuscole e non pericolose – hanno un diametro minore di quello di un capello e sono composto da silicio, un materiale che si trova in natura -, possano alterare l’equilibrio della catena alimentare artica.

Field concorda sul fatto che la geoingegneria non sostituisce in alcun modo la riduzione delle emissioni di carbonio. Piuttosto, la vede come un’opportunità per guadagnare il tempo necessario alle economie mondiali per decarbonizzare ed evitare i peggiori impatti del cambiamento climatico. Le sfere di silicio, sono “il piano di riserva di cui speravo non avremmo mai avuto bisogno”.

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