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Emofilia, in Italia più di 5mila pazienti

In Italia sono più di 5 mila le persone con emofilia. “Più precisamente, nell’ultima rilevazione 2017 sono 4.179 i pazienti affetti da emofilia A e 898 quelli affetti da emofilia B”.   L’emofilia è la coagulopatia emorragica più conosciuta, una malattia di origine genetica trasmessa per via femminile che colpisce quasi esclusivamente i maschi.La trasmissione della patologia è legata al cromosoma x; l’uomo (XY) ha una probabilità del 50% di essere emofilico, mentre la donna è generalmente portatrice poiché il cromosoma X sano impedisce l’espressione della malattia. Una donna può essere colpita da emofilia solo qualora sia figlia di padre emofilico e madre portatrice sana, ereditando, quindi, entrambi i cromosomi X mutati: si tratta di casi rarissimi. La comparsa della malattia, però, non sempre è prevedibile in base a queste teorie: l’emofilia può “saltare” delle generazioni per motivi non ancora del tutto chiari.

Esistono però due forme di emofilia: “L’emofilia A e l’emofilia B – ricorda l’Iss – La prima è dovuta a un deficit del fattore VIII della coagulazione, la seconda a un deficit del fattore IX. Chi è affetto da questa malattia è soggetto a emorragie che possono dar luogo a manifestazioni molto varie, da ecchimosi ed ematomi di dimensioni contenute a sanguinamenti articolari molto dolorosi e invalidanti, fino a emorragie imponenti che possono mettere a rischio la vita del paziente. In mancanza di storia familiare della malattia – spiegano gli esperti – i primi segnali di emofilia grave si hanno intorno all’anno di vita: si tratta soprattutto di lividi dovuti a piccole emorragie sottocutanee, ma possono anche essere sanguinamenti muscolari che producono tumefazioni dolorose che impediscono al bambino i normali movimenti degli arti colpiti”.

Dai dati del Registro risulta che il regime terapeutico più utilizzato per il trattamento dei pazienti affetti da emofilia grave è la terapia in profilassi, adottata nell’86,8% dei pazienti con emofilia A grave e nell’81,4% dei pazienti con emofilia B grave. La somministrazione a domanda del concentrato di fattore carente è invece il trattamento di scelta per le emofilie moderate e lievi.

L’evento avverso più importante nel trattamento dei pazienti con emofilia consiste nello sviluppo di anticorpi anti-FVIII e anti-FIX (inibitori). “La presenza di inibitori rende inefficace il trattamento con la terapia sostitutiva convenzionale, con conseguente minor controllo degli episodi emorragici. Nel 2017 – sottolinea l’Istituto superiore di sanità – 135 pazienti sono stati sottoposti ai trattamenti raccomandati in caso di inibitore, di questi l’85,2% è costituito da pazienti con emofilia A grave e il 7,4% da pazienti con emofilia B grave. Lo sviluppo degli anticorpi inibitori compromette la qualità della vita dei pazienti e ha un impatto significativo sulla gestione terapeutica del paziente, oltre a comportare un aumento marcato del costo della terapia”.

“Grazie all’efficacia delle procedure di inattivazione virale dei farmaci di derivazione plasmatica e all’avvento dei prodotti ricombinanti utilizzati nella terapia sostitutiva – rimarcano gli esperti – si è praticamente azzerato il rischio che il trattamento sostitutivo provochi l’infezione da virus Hiv e Hcv nei pazienti emofilici. I dati del Registro lo confermano, infatti i pazienti positivi all’Hcv presenti nella rilevazione 2017 sono 1.224 (di cui 169 positivi anche all’Hiv), ma solo 5 nella popolazione pediatrica (under 18 anni), e tutti di origine straniera, trattati con prodotti plasmatici nei loro Paesi di origine prima di essere seguiti presso i Centri emofilia italiani”.

fonte adnkronos

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