“I disturbi cardiovascolari continuano a essere una delle principali cause di ricovero in ospedale e di morte sia per gli uomini che per le donne – afferma Giovanni Esposito, presidente GISE e direttore della UOC di Cardiologia, Emodinamica e UTIC dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli -. In molti casi, specialmente nelle donne, ischemie e infarti del miocardio non presentano occlusioni significative nelle arterie che irrorano il cuore (malattia coronarica ostruttiva)”. L’ischemia senza la malattia coronarica ostruttiva, INOCA, è una patologia che colpisce principalmente le donne, ed è probabilmente il motivo per cui per anni molte pazienti che si sono presentate in ospedale con dolore toracico sono state dimesse e rimandate a casa perché non vi era alcun blocco evidente nelle loro arterie coronarie. “Tuttavia, negli ultimi anni l’INOCA è stata riconosciuta come una condizione reale ed è ora argomento di discussione nella maggior parte dei convegni mondiali di cardiologia – prosegue Esposito –. Oggi si stima che può riguardare il 62% delle donne che si sottopongono ad angiografia coronarica per sospetta angina, con un’accentuata prevalenza di quelle con 45-65 anni d’età. In passato, non avevamo gli strumenti giusti per fare la diagnosi, ma ora sappiamo che la maggior parte di questi pazienti ha una disfunzione microvascolare coronarica, dove i piccoli vasi non sono in grado di dilatarsi completamente per aumentare il flusso sanguigno a causa dello stress o dell’esercizio fisico. Oppure soffrono effettivamente di una costrizione o un vasospasmo, dove può esserci un restringimento significativo delle arterie coronarie e quindi i pazienti presentano dolore toracico”.
In alcuni casi, l’ischemia può avere come esito un vero e proprio infarto miocardico, pur in assenza di ostruzioni evidenti delle arterie coronarie, condizione chiamata MINOCA: si stima succeda nel 6% dei casi, più frequentemente tra le donne. “Un sottogruppo di casi di MINOCA è dovuto alla dissezione spontanea dell’arteria coronaria (SCAD), che è una rottura che si forma all’interno della parete di un vaso coronarico – evidenzia Francesco Saia, presidente eletto GISE e cardiologo interventista all’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico Sant’Orsola –. Nella maggior parte dei casi di MINOCA, è difficile identificare la causa. Così succede che, poiché non si riscontrano ostruzioni nelle arterie coronarie principali, i pazienti spesso lasciano l’ospedale incerti su cosa abbia causato il loro attacco cardiaco MINOCA e su come prevenirne un altro”. Si stima che nei 4 anni successivi a un evento MINOCA, ci sia il 13% di probabilità di morire per qualsiasi causa e il 7% di probabilità di avere un altro attacco cardiaco. “La buona notizia è che con l’applicazione su ampia scala di raffinate tecniche di fisiologia coronarica e/o di imaging aumentano le probabilità di ottenere una diagnosi corretta e cure appropriate nella maggior parte dei casi – conclude Saia -. Questo argomento ha altri risvolti, oltre a quello clinico. Queste procedure, infatti, non hanno un rimborso ad hoc. Il GISE sta lavorando da tempo a un riconoscimento economico che faccia sì che l’applicazione di questi presidi non sia economicamente svantaggiosa per le strutture sanitarie e che ne venga quindi allargato l’accesso su tutto il territorio nazionale”.