Dal 25 febbraio al 27 marzo 2022 OGR Torino presenta due nuove mostre per un’inedita relazione con il tempo: HERE di Maria Hassabi, a cura di Samuele Piazza con Nicola Ricciardi al Binario 1, e HARDSCAPES di Nina Canell, a cura di Samuele Piazza con Lorenzo Giusti al Binario 2.
Dopo Vogliamo tutto, la collettiva dedicata al lavoro nel contesto post industriale e digitale, in cui è stato esplorato il nuovo delicato equilibrio tra lavoro e tempo libero, con i due progetti di Maria Hassabi e Nina Canell OGR Torino invita i visitatori a immergersi in installazioni ambientali per immaginare nuove relazioni con il tempo e ridefinire l’impatto della propria presenza su ciò che li circonda.
Il programma espositivo del 2022 inizia con le mostre di Maria Hassabi e Nina Canell e rispecchia in modo deciso la missione di OGR e il più ampio impegno di Fondazione CRT nell’investire su progettualità inedite – dichiara Massimo Lapucci, CEO di OGR Torino e Segretario Generale di Fondazione CRT. A partire dall’attenzione verso il cambiamento climatico e lo sviluppo sostenibile, la ricerca artistica contribuisce alla creazione di valore sociale. Progetti in sintonia con i punti dell’Agenda 2030 e il ricco palinsesto di attività ‘for all’ dedicato alle mostre danno un senso concreto e profondo all’obiettivo di includere e avvicinare un pubblico sempre più ampio al multiforme mondo dell’arte e ai temi cardine della contemporaneità.
Un pavimento d’oro muta gli spazi del Binario 1, creando il paesaggio di HERE, live-installation di Maria Hassabi, commissionata da Secession e Wiener Festwochen – Vienna, prodotta da OGR Torino in collaborazione con Onassis Foundation – Atene con il supporto di Milvus Artistic Research Center (MARC) – Knislinge, e Onassis Stegi – Atene.
L’ambiente scultoreo è abitato dai corpi dell’artista e di cinque ballerini che esplorano una coreografia a un ritmo decelerato. Una composizione sonora accompagna le movenze dei performer: una voce femminile scandisce i secondi che passano, da 1 a 14399’’, sottolineando l’eterno trascorrere del tempo. Immersi in questo continuum, i movimenti dei ballerini creano una situazione di presenza mutevole, che sottolinea la natura scivolosa del qui e ora, here-ness. L’immobilità e la sospensione tra i movimenti sono al centro di una pratica coreografica unica nel suo genere, sviluppata dall’artista a partire dai primi anni 2000. Maria Hassabi lavora su convenzioni, gerarchie e codici comuni al teatro, ai musei e agli spazi pubblici, rielaborati nelle sue opere per aderire a specifici contesti e dialogare con l’unicità delle architetture dei luoghi con cui si relaziona. Al centro delle coreografie, immobilità e decelerazione sono usate sia come tecnica che come soggetto della rappresentazione, mentre i corpi che performano oscillano tra danza e scultura, soggetto e oggetto, corpo vivo e immagine statica.
L’opera consente ai visitatori di mantenere il loro comportamento abituale all’interno delle istituzioni e, allo stesso tempo, li invita a riconsiderare la loro presenza – ancorando la consapevolezza al momento presente, all’essere here nel tempo e nello spazio – e la loro relazione con i corpi vivi, sia come entità fisiche che come fermo immagine dai molteplici riferimenti.
Al Binario 2, la mostra HARDSCAPES di Nina Canell, realizzata in collaborazione con GAMeC Bergamo, si pone in dialogo con quella dell’artista commissionata e prodotta all’interno del Meru Art*Science Research Program al museo bergamasco e, con due opere di grandi dimensioni, richiama l’attenzione sui concetti di circolazione e trasformazione dell’energia.
Un grande led wall presenta Energy Budget (2017-2018), opera video ideata in collaborazione con Robin Watkins che esplora i diversi modi in cui l’energia si manifesta e circola, a volte in maniera invisibile, in simbiosi inedite tra natura e ambiente antropizzato.
In un seminterrato una lumaca leopardo esplora lentamente un quadro elettrico. Il primo piano sull’animale permette di osservare nei dettagli le lente fluttuazioni muscolari del gasteropode e delle sue antenne: tra cavi e relé, scansionano lo spazio alla ricerca di luce e umidità, lungo un percorso tracciato dall’intuito e dai campi elettrici residui, diventando quasi parte della struttura in una nuova forma ibrida. Lo schermo stesso, una parete di diodi a emissione di luce, trasmette le intime immagini in movimento della lumaca attraverso variazioni di tensione.
La sequenza che segue è catturata dall’alto, incorniciando aperture simili a portali nei grattacieli sul lungomare di Telegraph Bay, Hong Kong. Queste aperture, conosciute come porte dei draghi, secondo la leggenda consentono il passaggio delle mitologiche figure dei draghi, mentre scendono dalle montagne per bere e fare il bagno nell’oceano sottostante. Concentrandosi sull’apparente vuoto che costituisce il percorso del drago, la telecamera è impegnata in un costante zoom-out, utilizzando aria compressa per controllare il movimento dell’obiettivo.
L’assenza di suono nel video consente a una scultura a pavimento di parlare da terra, riempiendo lo spazio con la sua presenza. Un tappeto di conchiglie ricopre il pavimento e, contemporaneamente costruita e distrutta dal movimento e dalla densità dei corpi, si sgretola letteralmente sotto i piedi dei visitatori. Sebbene fragili rispetto al nostro ambiente costruito, le conchiglie dei molluschi marini sono la materia prima che costituisce la base della maggior parte dei nostri edifici, compreso il pavimento originale delle Officine Grandi Riparazioni. In quanto tale, il carbonato di calcio non è solo un componente fondamentale del cemento, ma anche una condizione imprescindibile per diverse forme di convivenza. La pressione materiale fa parte dei lenti processi geologici e delle trasformazioni animale-minerali che alimentano l’industria edile, ma qui diventa un mezzo per scolpire. L’opera cede il passo a una frattura improvvisa, ricordandoci l’ineffabile quantità di corpi che ci sorreggono. Originariamente commissionata da GAMeC, l’opera Muscle Memory (16 Tonnellate) (2021) è riproposta in una nuova installazione che prende in considerazione la storia di OGR Torino come sito di riparazione, come rovina e risorsa.