“Aldo Moro fu uno statista di lungo corso, guardava lontano soprattutto verso il consolidamento di quei diritti sociali a suo dire fondamentali in una democrazia solidaristico sociale com’è la nostra. Meraviglioso e denso di significato il suo pensiero politico racchiuso in una frase che dice tutto: ‘La stagione dei diritti sarà effimera, se non riscopriremo un nuovo senso del dovere’. Quel senso del dovere che da solo sarebbe stato ed è ancora oggi sufficiente a sconfiggere qualsiasi tipo di criminalità.
Durante la grande crisi economica e sociale, con conseguente elevata disoccupazione, pose all’attenzione della maggioranza, ma anche dell’opposizione, la necessità di affrontare quell’emergenza, quella “democrazia in crisi”, facendo leva sulla solidarietà nazionale. Le sue ‘convergenze parallele’ erano il segno della sua sottile intelligenza finalizzata ad aprirsi alla collaborazione tra tutte le forze politiche proprio per rispondere efficacemente alla crisi di quell’epoca. Avremmo avuto un’Italia con cambiamenti nell’assetto politico, economico e sociale ma anche una crescita culturale e morale.
Peppino Impastato non fu da meno perché anche lui aveva come obiettivo ultimo quello di ridare una dimensione democratica al nostro martoriato Paese. La sua Italia voleva che fosse non mafiosa perché la mafia per uno Stato significa assenza di democrazia. L’Italia avrebbe avuto un giornalista con l’arma più forte di tutte: l’informazione al servizio del popolo. ‘La mafia uccide, il silenzio pure’ è una delle frasi più rappresentative del suo pensiero con la quale denuncia le omertà e i silenzi non solo dei cittadini ma anche di pezzi di Stato infedeli ai valori della Repubblica italiana. Due grandi perdite per l’Italia di quel periodo storico”…continua su
Fonte interris.it