“Prendete 300 grammi di farina”, la ricetta della torta della nonna avrebbe potuto recitare così. Oggi però quest’indicazione si può considerare deficitaria. La farina e basta, senza ulteriori specificazioni, sembra un concetto antico, almeno a giudicare dagli scaffali dei supermercati, dove le farine (il plurale è d’obbligo) occupano diversi metri. Tale fenomeno, precedente alla pandemia, è ‘lievitato’ durante i mesi delle limitazioni alla mobilità imposte per ridurre i contagi, anche se la differenziazione era già in corso prima del 2020.
Sono molte le aziende che hanno interpretato le nuove esigenze ampliando la gamma con un focus su prodotti sempre più rispondenti alle nuove richieste, in particolare per quanto riguarda il maggiore equilibrio nutrizionale. Il prodotto più venduto tra quelli di marca resta comunque la classica farina 00 Barilla. “Finora ci siamo concentrati sulle farine più tradizionali – dichiarano dall’azienda –, ma abbiamo anche sviluppato e lanciato altre tipologie di prodotti, come la farina Manitoba, quella integrale e una speciale miscela per torte a marchio Mulino Bianco”. Tra i marchi che per primi si sono mossi verso una diversificazione più spinta c’è invece Molino Spadoni, la sua farina 00 antigrumi Gran Mugnaio è oggi tra i prodotti di marca più venduti nella grande distribuzione, ma è la varietà la vera chiave di volta. “Abbiamo impostato la nostra presenza sulla diversificazione quando ancora non lo faceva nessuno – racconta Katia Borrini, direttrice marketing dell’azienda –, suddividendo i prodotti a seconda della destinazione”. Oggi Molino Spadoni propone una gamma che comprende farine e miscele di grani antichi, regionali, con macinazione a pietra, di cereali alternativi o destinate a un uso specifico. A queste si aggiungono le farine biologiche e una nuova gamma ‘salutistica’ con il marchio AlimentazionE DedicatA®, lanciata nell’ultimo trimestre del 2020. Nel corso della pandemia la richiesta di referenze ‘speciali’ è cresciuta, con un focus sulla salute. In tale quadro si sono inserite molte proposte innovative e, tra queste, c’è appunto la nuova linea, che si distingue per i prodotti a basso indice glicemico. “Questa linea – illustra Borrini – è arricchita con amido resistente e inulina, che permettono di contenere l’assorbimento di grassi e zuccheri, aiutando a tenere sotto controlli i picchi glicemici post prandiali”.
Anche Molini Pivetti, nella grande distribuzione dal 2018, oggi propone quasi venti tipologie di farine pensate per gli scaffali dei supermercati. Queste sono suddivise in sei linee e vanno dalle più classiche a quelle realizzate con grani coltivati e raccolti esclusivamente in Emilia-Romagna. Nel 2020 sono poi nate anche le linee biologica e da agricoltura sostenibile, provenienti da filiera italiana a basso impatto, certificata da Csqa, e nel mese di novembre 2021 sono stati proposti anche alcuni nuovi prodotti macinati a pietra. Per capire al meglio la strutturazione della ricca varietà che caratterizza attualmente il mondo delle farine, abbiamo visitato un superstore Esselunga di Milano.
In questo punto vendita i prodotti in questione occupano quasi un intero lato della corsia. Nonostante l’ampio spazio a disposizione, è però difficile stabilire un preciso criterio di esposizione. L’offerta è talmente differenziata che le caratteristiche si intrecciano tra loro, rendendo complicata la ricerca. Sono riunite nella stessa area solamente le farine ‘00‘ più economiche. Risulta più semplice la ricerca online, dove, anche se alla voce farine compaiono ben 57 prodotti, più 11 preparati per pizza, è comunque possibile digitare il nome della tipologia di prodotto che si sta cercando per verificare rapidamente la sua disponibilità.
Tra le aziende che hanno puntato molto sulla differenziazione, ma anche sull’importanza di orientare lo sguardo dell’acquirente lungo gli scaffali del punto vendita, spicca Molino Rossetto. Fin dai suoi esordi nella grande distribuzione, questa società veneta a conduzione famigliare ha scelto di evidenziare molto sulle confezioni soprattutto la destinazione d’uso (per pane, pizza, pasta). La gamma si è poi estesa e comprende anche prodotti particolari, come il lievito madre essicato e la farina di grano arso. Sono però i packaging a costituire l’elemento distintivo che incrementa la visibilità dei prodotti. Questa differenza è stata recentemente rafforzata dall’uso di nuovi contenitori rigidi con confezioni richiudibili simili ai brick delle bevande. Definiti Vpack, questi contenitori, che contengono però 750 grammi di prodotto invece del tradizionale chilo, potrebbero destare qualche perplessità in termini di riciclabilità, ma l’azienda precisa che il tappo è realizzato con materiali compostabili e i contenitori possono comunque essere smaltiti nella carta.
In un panorama tanto vasto è comunque difficile orientarsi. Vediamo quindi gli elementi principali da tenere in considerazione. La prima differenza è naturalmente determinata dalla materia prima. Oltre alle farine di grano e di mais si stanno infatti diffondendo un numero crescente di alternative, molte anche senza glutine, come le farine di ceci, castagne, riso, avena, grano saraceno, quinoa o miglio. L’aspetto più complesso riguarda però la distinzione tra le numerose proposte nell’ambito delle farine di grano. La scelta non è più tra grano tenero (Triticum aestivum) e grano duro (Triticum durum), ma spazia in una vasta gamma di opzioni, spesso valorizzate come varietà ‘antiche’. In realtà, il grano antico vero e proprio è il farro (Triticum dicoccum), coltivato anche nelle varietà monococco (Triticum monococcum) e spelta (Triticum spelta). Ci sono poi in commercio altre proposte più particolare come le farine prodotte con le varietà di grano duro Timilia o Tumminia (sempre Triticum durum) e la specie Saragolla (Triticum turgidum), una varietà italiana simile al Khorasan (Triticum turanicum), oggi noto con il nome commerciale di Kamut. Senza dubbio, si tratta in ogni caso di varietà che hanno il fascino dei tempi passati, ma l’utilità del loro uso è soprattutto ambientale o economica, perché consente la rivalutazione di specifiche aree geografiche e incrementa la biodiversità.
Riguardo al tipo di macinazione, è sempre più diffusa la disponibilità di prodotti macinati a pietra. Il vantaggio di questa lavorazione è determinato dal fatto che i chicchi si macinano interi, quindi il germe e il rivestimento esterno si amalgamano con la farina, conferendo al prodotto finito sapore, aroma e proprietà nutrizionali superiori rispetto a quelli che risultano dalla macinazione tradizionale. Questa farina, non disponibile nella versione ‘00’, ha per contro una minore conservabilità, dovuta alla presenza degli acidi grassi del germe, e una certa resistenza alla lievitazione, determinata dalla presenza della crusca. Tra i prodotti più recenti che puntano sulla macinazione a pietra c’è la linea ‘Triticum’ di Molini Pivetti, lanciata nel corso del mese di novembre 2021. Disponibile nelle versioni tipo 1 e tipo 2, questa farina vanta l’impiego di una particolare tecnologia che consentirebbe di macinare delicatamente il chicco, rispettandone le parti pregiate e conservandone al meglio le qualità nutritive.
FONTE: IL FATTO ALIMENTARE https://ilfattoalimentare.it/farine-uso-domestico-professionale-differenziazione-offerta.html