Così come sono stati predisposti, è la conclusione dell’indagine del Centro Europa ricerche, gli strumenti di assistenza finanziaria «sembrano poter innescare una nuova crisi del debito, perseverando in tal modo nei gravi errori del 2011-12. Non deve essere sottovalutato il rischio – si legge ancora nel testo del report – che il nostro o altri paesi possano cioè incorrere in una crisi “regulation driven”, come fu per esempio con l’introduzione del bail-in bancario, che determinò per il sistema italiana una perdita di capitalizzazione di 46 miliardi»
di Andrea Carli
Mes, cosa cambia con la riforma “Salva-Stati”
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La proposta di riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, non può garantire benefici all’Italia. È la conclusione a cui giunge il Rapporto Europa 2019 elaborato dal Cer, il Centro Europa Ricerche che elabora studi nel campo dell’economia applicata. Lo studio è stato presentato oggi, martedì 26 novembre, a Roma nella sede del Cnel. La riforma del Mes è un dossier aperto da almeno due anni e che dovrebbe chiudersi a dicembre, se Eurogruppo ed Eurosummit daranno il via libera.
La proposta di policy che emerge da questa indagine si distanzia dalle posizioni del Governo italiano e della Banca d’Italia: entrambi hanno sottolineato che l’Italia non ha alcun bisogno di rivolgersi a questo paracadute, e che la riforma non prevede alcun meccanismo di automatica valutazione della sostenibilità del debito né di una sua ristrutturazione.
La riforma del Mes non facilita la riduzione del debito
Da una parte, è il ragionamento dei ricercatori, l’Italia paga per interessi circa il doppio di quanto non spende per investimenti pubblici e quindi ha il massimo interesse a rientrare su un sentiero di riduzione del debito pubblico. Dall’altra, è pur vero che «la riforma del Mes non sembra però essere un meccanismo facilitatore in tal senso».
Lo scenario di una nuova crisi del debito sul modello 2011
Al contrario – mette in evidenza l’indagine -, così come sono stati predisposti, gli strumenti di assistenza finanziaria «sembrano poter innescare una nuova crisi del debito, perseverando in tal modo nei gravi errori del 2011-12. Non deve essere sottovalutato il rischio – si legge ancora nel testo del report – che il nostro o altri paesi possano cioè incorrere in una crisi “regulation driven”, come fu per esempio con l’introduzione del bail-in bancario, che determinò per il sistema italiana una perdita di capitalizzazione di 46 miliardi».
Il rischio di una distinzione tra buoni e cattivi
Il rischio, osservano i ricercatori del Cer, è legato al fatto che il Mes «prevede una distinzione ex-ante fra una linea di credito precauzionale e una a condizioni rafforzate: la prima sarebbe concessa laddove risultino rispettate una serie di condizioni, fra le quali l’avere un debito pubblico sostenibile; la seconda sarebbe invece riservata, ma meglio sarebbe dire “inflitta”, ai paesi che non possano fregiarsi di condizioni economiche e finanziarie solide. Ossia – mette in evidenza il documento – i nuovi strumenti di sostegno finanziario dell’Eurozona si baserebbero ab origine su una distinzione fra buoni e cattivi, e non è difficile immaginare dove verrebbe collocata l’Italia, attesi gli indicatori proposti».