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Lavoro, in 10 anni 876mila occupati a tempo pieno in meno

Lo scorso anno il mercato del lavoro italiano ha confermato un aumento dell’occupazione (+192mila persone), seppure a una intensità minore rispetto ai due anni precedenti; insomma, si è tornati ai livelli pre crisi, un risultato dovuto esclusivamente al lavoro dipendente che, in dieci anni, è aumentato di 682mila unità (+4,0%), a fronte di un calo di oltre mezzo milione di lavoratori autonomi, la cui quota sul totale occupati è scesa progressivamente dal 25,5% nel 2008 al 22,9% nel 2018.

Cosa è successo a dipendenti e autonomi
I numeri diffusi dall’Istat evidenziano come il forte aumento del lavoro alle dipendenze nel corso del decennio è dovuto essenzialmente al tempo determinato (+760mila unità rispetto al 2008) anche se tra il 2014 e il 2017 la componente a tempo indeterminato ha gradualmente recuperato le perdite subite durante la crisi. Qui pesano i robusti incentivi introdotti nel 2015, mentre la crescita del lavoro a termine è legata alla liberalizzazione del contratto a tempo operata dal decreto Poletti del 2014, poi però cancellata dal decreto dignità di luglio 2018. Dopo un nuovo arretramento nel 2018 (-108mila, -0,7%), l’occupazione dipendente a carattere permanente ha mostrato segni di recupero nei primi mesi del 2019. Il calo degli indipendenti ha risentito della forte diminuzione dei collaboratori, quasi dimezzati in dieci anni (-220mila, -48,4%), degli autonomi con dipendenti (-189 mila, -11,8%), e di quelli senza dipendenti (-148 mila, -3,9%). Questi ultimi sono tuttavia tornati a crescere negli ultimi quattro anni, raggiungendo il 69,1% sul totale dei lavoratori indipendenti (+4 punti percentuali rispetto al 2008). I disoccupati si riducono per il quarto anno consecutivo nel 2018 (-151mila, -5,2%), rimanendo tuttavia 1 milione e 100 mila in più rispetto a quelli del 2008. Nel 2018 la forza lavoro non utilizzata e potenzialmente impiegabile nel sistema produttivo ammonta a 5,8 milioni di individui (2,8 milioni di disoccupati e 3 milioni di forze lavoro potenziali); tale aggregato, che nel 2008 era pari a circa 4 milioni e mezzo, dopo aver raggiunto il picco di 6,7 milioni nel 2014, si è ridotto progressivamente a partire dal 2015.

Il peso del part-time involontario
Nonostante, tuttavia, il numero di occupati abbia superato i livelli pre-crisi, il volume di lavoro misurato in termini di ore lavorate è ancora significativamente inferiore. E questo dovrebbe far riflettere su proposte, avanzate anche da rappresentanti dell’attuale governo, di riduzione dell’orario di lavoro, secondo slogan del passato “lavorare meno, lavorare tutti”. Rispetto al 2008 infatti si contano complessivamente 876mila occupati a tempo pieno in meno e un milione di occupati part-time in più. Sono aumentati in particolare gli occupati in part-time involontario (quasi un milione e mezzo in più rispetto al 2008), il cui peso sul totale dei lavoratori a orario ridotto ha raggiunto nel 2018 il 64,1%. Il lavoro a tempo pieno è comunque tornato a crescere negli ultimi anni (+684mila unità fra il 2013 e il 2018). L’aumento del part-time è legato prevalentemente alla ricomposizione dell’occupazione per settore di attività economica, con un aumento del peso dei comparti a più alta concentrazione di lavoro a orario ridotto (sanità, servizi alle imprese, alberghi e ristorazione e servizi alle famiglie) e una riduzione dell’incidenza dei settori a maggiore intensità di occupazione a tempo pieno (industria in senso stretto e costruzioni). Analogamente, la dinamica dell’occupazione per professione ha favorito quelle a più alta intensità di lavoro part-time, in particolare le professioni addette al commercio e ai servizi e quelle non qualificate.

L’occupazione femminile
A questo andamento non è sfuggita l’occupazione femminile. La dinamica positiva dell’occupazione femminile si è accompagnata infatti a una riduzione della stabilità e delle ore lavorate. Delle 492mila occupate in più tra il 2013 e il 2018, il 40,4% svolge un lavoro part-time involontario. La partecipazione delle donne al mercato del lavoro è legata al ruolo ricoperto in famiglia. Benché il tasso di occupazione femminile sia cresciuto di tre punti percentuali tra il 2013 e il 2018, l’aumento è stato più contenuto (+1,5 punti) per le donne tra 25 e 49 anni, la fascia di età nella quale si registra la maggiore concentrazione di madri con figli minori. L’indicatore è invece diminuito per quante hanno figli tra 0 e 2 anni. Nel decennio si sono ulteriormente ampliati i divari territoriali. Nel 2018 il recupero dell’occupazione al Centro-nord, iniziato nel 2013, ha portato al superamento del numero di occupati rispetto al 2008 (384mila, +2,3%) mentre nel Mezzogiorno il saldo è ancora ampiamente negativo (-260mila; -4,0%).

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