Il fashion isolano tenta di reagire al Covid19: crescono le imprese ma l’annullamento di sfilate, cerimonie ed eventi
mette a dura prova il sistema. Matzutzi e Serra (Confartigianato Sardegna): “Le realtà innovano e conservano il valore artigiano ma hanno bisogno di sostegno da parte della Regione Sardegna. Necessari stanziamenti ad hoc”.
Il sistema della Moda della Sardegna tenta di reagire alla furia distruttrice del Covid ma le imprese sarde cominciano ad accusare le difficoltà di un mercato con sempre meno sbocchi e dei sostegni statali assenti nel decreto Ristori bis.
E dire che i numeri del settore isolano, fino allo scorso giugno, erano in crescita: si partiva dalle 325 unità del 2019 per arrivare alle 336 di questo 2020, con le artigiane che da 270 arrivano a 273, offrendo lavoro a 755 addetti, di cui 547 nelle realtà artigiane. Infatti, quello che produce capi di abbigliamento, accessori, gioielli e scarpe è ancora un comparto vivo, che prova a reagire cercando nuove, e alternative, fette di mercato.
Ma il vero problema ora è la mancanza di sfilate, manifestazioni, eventi e cerimonie, iniziative internazionali ed export per un settore che 2018, solo verso i mercati esteri, piazzava un controvalore di oltre 22 milioni di euro.
I numeri del fashion sardo sono stati analizzati nel rapporto elaborato dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna sui dati Istat 2020, dal titolo “Imprese e artigianato della Moda in Sardegna”.
Nella distribuzione territoriale, 104 realtà, di cui 84 artigiane, operano nel nord della Sardegna, nei territorio di Sassari-Gallura. Nella provincia di Cagliari sono 96 le attività, 76 le artigiane; segue Nuoro con 61, di cui 49 artigiane, il Sud Sardegna con 40, di cui 32 artigiane. Chiude Oristano con 35 realtà di cui 32 artigiane.
Come dimostrano la realtà della Sardegna, il sistema moda territoriale è rappresentato da una vasta rete di piccoli artigiani, che dal disegno al taglio realizzano capi unici. Da sempre la ricetta vincente è stata quella di presentarsi sul mercato con creatività e qualità soprattutto per contrastare la concorrenza da parte di aziende che utilizzano il brand “artigianale”, quando di fatto si tratta di prodotti importati o realizzati in serie.
“E’ innegabile come la crisi economica, conseguente alla difficile lotta al coronavirus, stia lasciando pesanti segni sul sistema delle imprese – commentano Antonio Matzutzi e Daniele Serra, Presidente e Segretario di Confartigianato Imprese Sardegna – tante imprese ci segnalano difficoltà sempre più crescenti dovute alle restrizioni e al distanziamento sociale e quindi alla possibilità di non riuscire a presentare le proprie produzioni. Nella Moda, infatti, il contatto sociale e le “sensazioni” rappresentano la parte fondante di un settore nel quale le emozioni vincono e convincono”.
“Il mancato inserimento di queste imprese nel decreto Ristori bis è un danno tangibile e importante che si sta facendo a un settore che garantisce fatturati importanti, posti di lavoro e immagine della Sardegna e dell’Italia nel mondo – sottolineano Presidente e Segretario – crediamo che il Governo della Sardegna debba prendere atto della grave crisi anche di questo settore, come è avvenuto per altri. Per questo sono necessari provvedimenti urgenti, immediati ed efficaci, ovvero appositi stanziamenti che sostengano il comparto in modo concreto”.
Secondo l’analisi di Confartigianato Sardegna, l’annullamento, o il restringimento, delle cerimonie, degli eventi e della maggior parte delle iniziative, sta creando un contesto sempre più sfavorevole per la ripresa del settore; ed è con tali difficoltà che le imprese devono, quotidianamente, confrontarsi per continuare a lavorare, per garantire i posti di lavoro e gli stipendi ai dipendenti.
“Dopo il lockdown, la voglia di ricominciare dei nostri stilisti artigiani, di aprire i laboratori e ricominciare a creare, è stata tanta, cosi come è stata tanta la volontà di mostrare l’eccellenza delle loro creazioni – continuano Matzutzi e Serra – però, purtroppo, ci arrivano anche segnalazioni di imprese che fanno i conti con i mancati incassi di quei mesi, che per le piccole imprese pesano come macigni. In più è forte la preoccupazione per l’annullamento di tutta
una serie di eventi che pregiudica la ripartenza del settore. Alcune sono anche in difficoltà per aver effettuato investimenti, come l’acquisto di nuovi locali che ora devono tenere chiusi”.
Infatti la cancellazione, o lo slittamento, di questi appuntamenti, che presentano una significativa concentrazione nella primavera, sta pesantemente ridoucendo le vendite al dettaglio e l’attività di sartoria: nel trimestre tra aprile e giugno, nella media degli ultimi cinque anni, si celebra un terzo (32,6%) dei matrimoni.
Inoltre, nei mesi scorsi, l’interruzione delle filiere del settore, in particolare di quelle lunghe, ha comportato carenze negli approvvigionamenti e negli scambi, soprattutto transfrontalieri, di semilavorati. Sono cadute le vendite al dettaglio, con l’azzeramento della domanda delle collezioni primaverili. È stato registrato un calo del fatturato più marcato del calo della produzione, con la conseguente creazione di scorte che, in questo settore, perdono
rapidamente di valore. Purtroppo, la lenta ripresa del commercio al dettaglio non riesce a compensare questa criticità. Pesanti sono risultati essere anche la rarefazione dei pagamenti relative alle forniture dei primi mesi dell’anno, l’aumento dei tempi di pagamento e gli insoluti, tutti fattori che hanno acuito la crisi di liquidità che
ha interessato tre imprese su quattro. Alcune hanno reagito alla turbolenza di mercato anche diversificando la produzione, realizzando così mascherine e camici. Questo efficace riposizionamento richiede velocità di decisione, flessibilità e adattamento, caratteristiche tipiche della micro e piccola impresa.
“Per ovviare a questi fattori negativi, molte aziende hanno trovato nuove modalità di presentazione dei prodotti nel Mondo – riprendono Presidente e Segretario – organizzando per esempio sfilate virtuali, e diversificando le vendite, attraverso l’uso più intenso del commercio via internet ma sempre conservando la propria artigianalità”.
Vendite on line
Proprio la diversificazione dei canali di vendita è divenuta essenziale, anche se l’esperienza sensoriale nella scelta del capo e del tessuto non potrà mai essere completamente sostituita, rappresentando un elemento decisivo nel processo di acquisto di un prodotto artigianale di qualità. In ogni caso, i prodotti dell’abbigliamento sono quelli su cui si è registrata la maggiore propensione all’acquisto on line da parte dei consumatori. Per fronteggiare l’emergenza, le realtà del settore moda hanno utilizzato il canale e-commerce per dare continuità all’attività di vendita.
“Tanti di loro hanno attuato strategie inedite per sopravvivere per affrontare i mancati incassi – concludono Matzutzi e Serra – da un monitoraggio che abbiamo effettuato durante i 2 mesi di lockdown, verso le imprese sarde della moda, è emerso come tanti imprenditori abbiano usato il tempo per studiare, aggiornarsi, scambiarsi idee,
usando le “comunità di settore”, ma anche progettare e implementare l’attività delle vendite on line e tenere il contatto con la propria clientela attraverso i webinar”.
In ogni caso, la speranza arriva dai dati nazionali analizzati dal report di Confartigianato e che parlano chiaro; la fine dell’estate, prima dell’ondata autunnale di contagi a livello mondiale, il settore della Moda ha registrato i primi segnali di ripresa: ad agosto 2020 il calo tendenziale della produzione è stato quasi completamente assorbito, e gli ordinativi segnano un aumento del 12,9%, superiore alla crescita del 6,1% della media del manifatturiero. Rimangono pesanti gli effetti della crisi Covid-19 sulle imprese del settore che, nei primi 8 mesi del 2020, registrano un calo del fatturato del 25,9%, quasi dieci punti più ampia del -16,1% della media del manifatturiero.
Però l’analisi anche come la ripresa sarà trainata dagli investimenti, accelerata dagli interventi di policy nazionali ed europei, interessando in pieno le MPI della Moda, le quali generano un flusso di investimenti di 1.108 milioni di euro all’anno. Nella fase di espansione degli investimenti (2014-2018), la domanda ha trainato anche l’offerta: nel quadriennio in esame la produzione di macchinari per le imprese del tessile, abbigliamento e cuoio è salita del 14%. Il report dell’Ufficio Studi evidenzia altri punti di forza su cui il settore farà leva nella complessa fase di recupero: la crescente qualità del made in Italy, con il valore intrinseco delle esportazioni che cresce del 6,2% a fronte di un aumento dell’1,2% dei prezzi, la capacità di innovare, con il 46,8% delle imprese del settore che svolgono attività innovative e l’orientamento green, fondato su quasi due terzi (62,8% del totale) delle micro e piccole imprese che
svolgono una o più azioni finalizzate a ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività.
Le imprese della Moda della Sardegna (dati 2020)
Imprese moda Sardegna
Imprese artigiane moda Sardegna
Cagliari
96
76
Oristano
35
32
Nuoro
61
49
Nord Sardegna
104
84
Sud Sardegna
40
32
SARDEGNA
336
273