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La notizia della richiesta da parte di FCA-Italy di un finanziamento a Intesa San Paolo garantito da SACE ai sensi del decreto liquidità, ha acceso un importante dibattito sulla legittimità e l’opportunità da parte dello Stato italiano di introdurre condizionalità per l’accesso ad alcune delle misure di sostegno alle imprese o di facilitazione dell’accesso alla liquidità che sono state introdotte a seguito del Coronavirus.

La posizione del governo a questo riguardo è molto chiara: di fronte a un’emergenza economica come quella attuale la priorità non può che essere quella di aiutare il sistema produttivo ad assorbire lo shock. È altrettanto evidente che, per gli interventi più corposi, è giusto che lo Stato preveda delle condizioni, e vincoli il proprio sostegno a precise garanzie nei confronti del paese e della collettività nel quadro di un disegno di politica industriale e di una visione sul futuro del sistema produttivo.

Ciò è vero anche per quanto riguarda i prestiti garantiti da SACE. È vero infatti, come molti hanno osservato, che non si tratta di contributi a fondo perduto ma di linee di credito che vengono remunerate sia sotto forma di interessi (a beneficio della banca erogante) che di costo della garanzia (a beneficio dello Stato). E tuttavia l’esposizione del bilancio pubblico, ancorché garantita dal patrimonio dei soggetti richiedenti, giustifica l’introduzione di alcune condizionalità.

Per questo, nel decreto liquidità il governo ha introdotto una serie di vincoli per l’accesso alla garanzia, come l’impegno a non distribuire dividendi nel 2020, a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali, e a destinare le risorse a sostenere costi di personale, investimenti o capitale circolante in Italia. Nel passaggio parlamentare in corso il governo ha anche condiviso l’ulteriore rafforzamento di queste condizioni, prevedendo in modo esplicito l’esclusione (già implicita nella norma) delle imprese che hanno sedi in paradisi fiscali, e prevedendo il divieto di erogare dividendi nel 2021 a chi li avesse già distribuiti prima di accedere alla garanzia. Tali condizionalità, che sono tra le più esigenti tra quelle introdotte in Europa, hanno suscitato legittime critiche, ma appaiono pienamente giustificate. Per la stessa ragione, ci siamo opposti agli emendamenti delle opposizioni, che intendevano rimuovere il vincolo alla gestione dei livelli occupazionali attraverso accordi sindacali e che sono stati respinti.

Inoltre, per i prestiti di maggiore entità, il DL liquidità ha subordinato la concessione della garanzia a un decreto ministeriale e alla verifica di specifiche ricadute positive sul piano dello sviluppo tecnologico, degli investimenti, dei livelli occupazionali, del peso in una filiera produttiva strategica, e ha condizionato la possibilità di portare la garanzia all’80% al rispetto di ulteriori specifici impegni e condizioni.

È quanto il governo intende fare nei confronti di FCA. È bene a questo proposito ricordare che il soggetto richiedente il prestito garantito è FCA Italy, che rientra nei requisiti di legge del decreto liquidità e che ha sede e paga le tasse nel nostro paese (e grazie alla nuova direttiva europea DAC, le autorità fiscali italiane hanno accesso alle informazioni contenute nel country by country reporting della capogruppo FCA NV).

FCA si è impegnata a utilizzare le risorse per sostenere la liquidità della filiera automotive, il che è utile e apprezzabile. Tuttavia, nelle interlocuzioni informali che hanno preceduto la richiesta di finanziamento a Intesa San Paolo, il governo ha chiarito che sarebbero state necessarie condizioni aggiuntive: la conferma e il potenziamento del piano di investimenti anche nelle nuove condizioni determinate dal Coronavirus, l’impegno alla non delocalizzazione della produzione, la conferma dei livelli occupazionali, la puntuale rendicontazione degli investimenti concordati.

Il governo eserciterà il massimo rigore nella verifica di questi impegni, attraverso i quali si punta a preservare e rafforzare il radicamento in Italia di un grande gruppo automobilistico internazionale, che si accinge a realizzare una impegnativa fusione con PSA. A questo proposito, è bene chiarire che il nuovo gruppo multinazionale avrà sede in Olanda, considerata come “campo neutro” rispetto ai due paesi europei, Italia e Francia, e agli Stati Uniti.

Proprio la sfida della fusione, soprattutto in un quadro reso ancora più incerto non solo dalla transizione verso la mobilità sostenibile e l’auto elettrica ma dalla crisi economica globale innescata dal Coronavirus, rendeva particolarmente pressante l’esigenza di utilizzare pienamente le condizionalità previste dal decreto liquidità per preservare e rafforzare l’ancoraggio in Italia di FCA e di rilanciare gli investimenti, l’innovazione e l’occupazione in una filiera strategica per il futuro industriale ed economico del nostro paese.

È quanto il governo ha fatto e continuerà a fare fino al perfezionamento di questa linea di credito, che va oltre il semplice rilascio di una garanzia sulla liquidità ma costituisce a pieno titolo una importante operazione di politica industriale.

(pubblicato su Facebook)

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