Come insegnante di storia dell’arte e artista io stesso, mi sono sempre detta
che sia importante, anzi, indispensabile, avvicinare all’arte i bambini. Portarli in
giro per musei (Napoli ne è piena), fin da piccoli, dovrebbe quindi essere
un’attività da utilizzarsi. Ed ecco due piccoli al Madre, di sette ed otto anni, i
quali, secondo https://www.beniculturali.it/agevolazioni: “L’ingresso nei
musei, monumenti, gallerie ed aree archeologiche dello Stato è gratuito per tutti
i cittadini appartenenti all’Unione Europea, di età inferiore a 18 anni”, non
dovrebbero pagare. Invece pagano: la metà, ossia quattro euro.
Forse mi sono perso qualcosa.
I piccoli, li ho visti in altre occasioni (Museo archeologico di Napoli, Museo di
Capodimonte), osservatori attenti (sono abituati a visitare Musei, gallerie,
mostre artigianali ed altro). Addirittura sbalorditi davanti alle opere dei grandi
maestri del passato quali Raffaello, Leonardo e altri.
Mi sono chiesta come rimarrebbero dei bambini di fronte alle Grotte di
Lascaux, in Francia, Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco al cui interno sono
conservate disegni, o meglio, opere d’arte parietale vecchie di 17.000 anni.
Oppure davanti ai dipinti della Cappella Sistina. Per quello che ho visto nel
tempo, anche da insegnante: esterrefatti, ammaliati, silenziosi.
Però qui c’è da discutere sul concetto di arte. Il mio Prof. Umberto Schioppa
(Padre Schioppa) diceva: “L’arte è quell’attività dello spirito umano con cui
questi tenta di esprimere, con mezzi sensibili, la bellezza di un’idea o la vigoria
di un sentimento che sente fervere dentro”. Tuttavia ci si deve anche adattare,
ad esempio, alle dichiarazioni dell’ex direttore del MoMA (Museum of Modern
Art), William Rubin, il quale dichiara: “Qualsiasi cosa può essere arte, non
esiste una definizione di arte”. L’emblema di questa definizione fu l’artista
Marcel Duchamp, (con l’opera “Fontana” aprì una nuova visione
d’interpretazione dell’arte contemporanea, attribuendo a un oggetto di uso
comune, un orinatoio in questo caso, lo status di opera d’arte).
Nei miei studi di comunicazione ho appreso che: “È un artista colui che sente di
esserlo”. Ai miei allievi ponevo spesso questa domanda: ”Cos’è un artista?”.
E torniamo ai piccoli posti di fronte alle opere d’arte del Madre.
Essendo entrati poc’anzi in uno dei bagni dove mancava la carta (capita) e
volendo bere (non c’era la possibilità di comprare bottigliette di acqua, per cui
consiglio di portarle con sè), mi sono divertita a vederli lanciarsi verso tre bassi
rubinetti appesi al muso. Essendo alla loro altezza speravano di bere. Però era
un’opera d’arte.
Quelle presenti al momento, visto che ci siamo persi due mesi speciali, ossia
marzo e aprile 2022, e il public program gratuito organizzato nell’ambito della
mostra “Rethinking Nature: 40 artisti ripensano la natura e l’arte”. Incontri con
artisti, percorsi guidati ed esplorazioni “urbane” fuori dal museo tra cui uno
speciale ciclo di visite all’Orto Botanico di Napoli condotte dall’artista Maria
Thereza Alves con botanici e storici, in modo da approfondire i temi della
mostra Rethinking Nature. Peccato! Chissà l’effetto sui bambini.
Tuttavia hanno visto certamente:
Anish Kapoor, Dark Brother: “Nell’incavo sul pavimento, Kapoor veicola lo
sguardo dello spettatore verso l’infinito e verso le viscere della madre terra, con
un grande effetto di spiazzamento”; Un rettangolo nero che mi ha offerto
l’opportunità di spiegare loro qualche effetto fisico del colore. Nondimeno non
mi sono sembrati molto “spiazzati”, anche se il rettangolo non è raggiungibile,
protetto da una parete in plexiglas, forse per tema che qualcuno possa tentare
di comprendere se c’è o meno il buco.
Che non c’è, ovviamente.
Mi sono sembrati colpiti dall’opera di Francesco Clemente, Ave Ovo: “L’artista
ha realizzato un affresco di proporzioni monumentali, articolato in due sale, e un
pavimento in ceramica, ripercorrendo con la memoria dell’infanzia luoghi e
simboli antichi di Napoli”; era un continuo: “cosa è questo, cosa è quello e
perché questo e perché quello”, riferito alle immagini. In realtà sarebbe stato
bello che, invece dei foglietti inseriti in apposite teche (quando c’erano), vista la
portata dei tanti spazi liberi sulle pareti (persino un intero ambiente
completamente vuoto. Ma forse l’artista intendeva esporre proprio “il vuoto”,
oppure “il bianco”, l’inesistente…), sarebbe stato auspicabile che vi fossero
spazi dedicati alle spiegazioni per chi è presbite o piccolo di età, o, anche, non
vuole toccare fogli plastificati (quando ci sono), toccati da altri. Il covid continua
a fare paura.
In ogni caso è stata l’occasione per parlare delle Grotte di Lascaux. Il cellulare
mi ha concesso di mostrare loro alcune scene dipinte sulle pareti delle grotte
più di 15.000 mila anni fa e spiegare che forse raccontano storie di caccia. Visto
che c’eravamo, gli ho ricordato la Cappella Sistina, vista a Roma. Spiegando
loro che la tecnica era la stessa: l’affresco. “Però questi colori sono sbiaditi!” ha
reagito il bambino che ama i colori forti nei suoi lavori.
Confesso di essere stata tanto stupida da non comprendere che la grande
ancora arrugginita (veramente grande!), appoggiata ad una parete, era
un’opera di Jannis Kounellis, “Senza titolo”. Avrei dovuto spiegare loro che
“appoggia il suo peso, anche metaforico, sul pavimento, dando vita a una
concatenazione di rimandi al ruolo storico dell’affaccio di Napoli sul mare”.
Troppo complesso.
Ci siamo soffermati ad osservare di Jeff Koons, Untitled: “grandi teleri che
rileggono in chiave critica la prassi e la dinamica dei mezzi di comunicazione
del nostro tempo attraverso la tradizione dell’arte”. Sanno che dipingo, hanno
visto le mie tele vuote o dipinte e la domanda è stata: “Perché nessuno ci ha
dipinto niente?” Ho spiegato loro che la tela stessa è un mezzo di
comunicazione. Tuttavia sono “figli dell’era digitale” e un utente su tre ha meno
di tre anni. Fortunatamente quello dei due che disegna molto, è parso convinto.
Penso che ci siamo persi l’opera di Mimmo Paladino, Senza titolo (cavallo):
“L’opera si basa sulla combinazione di elementi scultorei figurativi (la statua del
cavallo e i bassorilievi su questa inseriti) e di elementi architettonici (la struttura
in blocchi regolari che ricorda l’opus quadratum degli antichi romani); però mi
sembra strano che possa essere passata inosservata.
Forse non c’era.
Abbiamo invece visto, sempre di:
Mimmo Paladino, Senza titolo: “Un insieme formato dagli ermetici segni
graffiati sulla superficie grezza delle pareti e la scultura aggettante nello spazio
assumono un rilievo ambientale che immerge lo spettatore in una totalità
epifanica”;
Personalmente mi ha colpito molto il lavoro di Rebecca Horn, Spirits: “Da uno
dei teschi (“capuzzelle”) del Cimitero delle Fontanelle di Napoli, l’artista ha
ricavato, in ghisa, le riproduzioni, sorvolate da cerchi di neon illuminati d’una
luce color madreperla”. Anche se non mi sembra di avere sentito la “musica che
si diffonde nella sala è in realtà il canto di una voce sola, quella del musicista
Hayden Danyl Chisholm, capace di articolare in simultanea suoni diversi e
diverse tonalità”.
Mi ha ricordato il Cimitero dei monaci nel Chiostro Grande della Certosa di San
Martino con i teschi di bronzo e anche il fatto che a Napoli, molto tempo fa, per
via delle catacombe, si sviluppò il “culto delle anime pezzentelle“. Ossia: le
donne dei quartieri “adottavano” una capuzzella presa a caso dalle catacombe,
la portavano a casa dedicandole un altarino tutto decorato cui poter recitare una
preghiera per chiedere grazie e comunicare con i defunti. Penso che l’uso sia in
disuso.
Non desidero togliervi “la suspense”, descrivendovi proprio tutto. In effetti, la
Fondazione Donnaregina – museo Madre (occorre dire che chi ha pensato al
nome deve essere davvero una persona geniale), ha voluto ricordare la
scomparsa artista Marisa Albanese, esponendo simbolicamente tre delle sue
“Combattenti”, purtroppo fino al 14 febbraio 2022.
Quindi ci siamo perse le opere.
La Direttrice artistica del Madre da gennaio 2020 è Kathryn Weir. Di origini
australiane, Kathryn Weir, classe 1967, con un curriculum maturato alla
Galleria nazionale di Canberra e, in seguito, come direttrice del dipartimento
di sviluppo culturale del Centre Pompidou di Parigi, dove nel 2015 ha creato
Cosmopolis, piattaforma per le pratiche artistiche di ricerca e collaborazione.
I bambini mi hanno chiesto perché il direttore non è un italiano, però era troppo
complesso rispondere, anzi, per la verità me lo sono chiesta anch’io: forse gli
italiani non sono abbastanza in gamba? Dovrebbero prima “farsi le ossa” fuori
d’Italia?
Tornando a ciò che ricordo di avere visto: Sol LeWitt, Scribbles: “I cinque wall-
drawings (disegni murali) intitolati Scribbles”.
“Il progetto dell’opera è appannaggio dell’artista mentre la sua realizzazione è
affidata agli assistenti”.
Spiegare ai bimbi che l’opera non è stata realizzata dall’artista, è stato difficile,
però ho potuto dir loro che anche Michelangelo si faceva aiutare dai suoi allievi.
Che non è proprio la stessa cosa, ma va bene così.
Tornando alle definizioni del concetto di arte ho ricordato loro (non sono certa di
essere stata capita), che l’arte “è la rappresentazione filosofica del pensiero del
tempo e quindi il concetto di arte e la sua definizione cambia con i suoi
protagonisti, i tempi e la storia”.
Far parlare troppo i bambini su questioni importanti è assolutamente
sconsigliabile, difatti penso che molti di noi ricordino la fiaba di Hans Christian
Andersen intitolata “I vestiti nuovi dell’imperatore”: Giunge il giorno della grande
parata, l’imperatore sfila e il seguito dietro, tronfi, sicuri! Però un grido si leva da
una voce innocente, da un bambino: “Il re è nudo!”
I piccoli non si sa mai cosa possano dire nella loro innocente ignoranza.
Infine ricordiamo che all’ingresso principale (chiuso), troverete un avviso: “Vi
informiamo che per lavori di manutenzione l’ingresso al museo Madre avverrà
temporaneamente da Vico Donnaregina (lato destro del Museo Diocesano) ”.
Non so valutare quel “temporaneamente”. Di certo so di avere visto turisti
giapponesi girare in tondo alla ricerca dell’ingresso temporaneo e un paio di
donzelle avere effettuato per errore il percorso auto (le abbiamo viste dopo
un’ora circa, stile Fantozzi). Cosa che all’inizio abbiamo fatto anche noi finché,
sotto il sole di luglio, abbiamo capito che l’ingresso secondario si trovava a
largo Donna regina, ossia alle spalle. (Munirsi di bottiglie di acqua fredda). Il
Museo Madre, situato in Via Settembrini 79 a Napoli, è aperto dal lunedì al
sabato (chiusura il martedì) dalle ore 10:00 alle 19:30 e la domenica dalle
ore 10:00 alle 20:00.
Benché da un sito risultasse che “Il Museo Madre, attualmente, offre oltre
alle mostre temporanee e permanenti, spazi utili come una biblioteca, una
mediateca, un bookshop/caffetteria”. Non siamo riusciti a trovare all’interno
un luogo di ristoro. A quanto pare non soltanto noi, perché, da “Tripadvisor,
“LucB632017. Bologna, Italia137 contributi” afferma in giugno 2022: “Peccato
che, nonostante lo spazio molto ampio all'aperto, attualmente non funzioni un
punto ristoro”. Avremmo dovuto leggerlo prima.
Un consiglio. Potendo sarebbe bello potersi recare a visitare la Chiesa di Santa
Maria di Donnaregina Vecchia e quella nuova. Napoli è piena di arte anche fuori
dei musei.
Bianca Fasano