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Tra console e streaming, chi vince e chi perde nella partita dei videogame

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JUSTIN SULLIVAN / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / AFP
 

Il joypad di Stadia

Stadia cambia tutto. Rappresenta e accelera il riassetto del settore. I videogiochi in streaming smusseranno le distinzioni tra diversi dispositivi, peseranno sulle console (anche se non nell’immediato), penalizzeranno alcuni nomi storici e ne chiameranno sul ring altri che – fino a ora – con i joypad avevano a che fare poco o nulla. Di sicuro c’è una cosa: tutti vogliono un pezzo di una torta che nel 2023 potrebbe valere 200 miliardi di dollari.

Come cambia il mercato

Ogni aprile, un rapporto di Newzoo stima quanto varrà il mercato dei videogiochi alla fine di quell’anno. Per quanto quindi si tratti di previsioni, danno comunque l’idea di come (e quanto velocemente) stia cambiando lo scenario. Il giro d’affari previsto per il 2015 è di 91,5 miliardi di dollari, con una cresciuto del 9,4%. I pc cotituiscono il 37% del fatturato, seguiti dalle console (27%). Cioè 25 miliardi di dollari tra hardware e softare. Più indietro (al 23%) i giochi mobile.

Un anno dopo, è già cambiato tutto: in un mercato stimato di 99,6 miliardi, smartphone e tablet valgono il 37%, superando in un solo colpo pc e console. PlayStation, Xbox e compagnia, però, non crollano. Il report prevede un incrementano del giro d’affari (29 miliardi di dollari) e di quota di mercato (al 29%). In altre parole: non sono in crisi, ma c’è chi corre di più. Molto di più: il mobile. La tendenza si conferma anche nel 2017. In un mercato lievitato a 108,9 miliardi, il 42% è ormai generato da smartphone e tablet. Le console, però, si difendono più che bene, incassando 33,5 miliardi anche grazie al lancio della Switch, l’ibrido tra fisso e portatile di Nintendo. Anzi, sottolinea l’analisi, nell’anno precedente (il 2016) sono andate meglio del previsto. Se i supporti fisici iniziano a soffrire, dall’altra parte stanno “adottato diversi modelli digitali” che riscono a bilanciare le perdite.

Le console non sono (ancora) morte

Ormai il mobile è scappato via: nel 2018 ha generato oltre la metà del giro d’affari complessivo, che intanto è arrivato a 137,9 miliardi. Le console continuano a crescere: valgono 34,6 miliardi. “Sorprendentemente – spiega Newzoo – l’ascesa dei giochi mobili non ha significativamente cannibalizzato i ricavi di pc e console”. Che invece continuano a “crescere a ritmo costante”. E – secondo l’analisi – continueranno a farlo, soprattuto grazie a giochi da scaricare e streaming. Resteranno ancora il punto di contatto tra videogiocatori e cloud. Ecco perché dovrebbero arrivare al 2021 con un giro d’affari di 39 miliardi e una crescita media annua del 4,1%.

Un’altra analisi, il Games Report di Digi-Capital, si spinge anche oltre. Afferma che le console continueranno a essere in salute almeno fino al 2023, quando il mercato dei videogiochi toccherà i 200 miliardi. Ormai hanno abdicato al mobile, ma non per questo sono alla deriva. Si accentuerà però la trasformazione già in corso: gli asset fisici (console e giochi) soffriranno molto di più di quelli digitali (streaming e copie da scaricare). Tradotto: le console non possono arroccarsi respingendo lo streaming. Maneggiare lo strumento che può ucciderle (e probabilmente, forse non subito, lo farà) è l’unico modo per salvarsi. E questo i grandi produttori lo sanno benissimo, come dimostrano le loro ultime mosse.

I più esposti: Sony e Nintendo

Ecco cosa succede quando una società da oltre 850 miliardi di capitalizzazione entra nel tuo mercato. Dopo il lancio di Stadia, il titolo di Sony ha perso il 3,38% e quello di Nintendo il 3,21%. Le due compagnie sono le produttrici di Playstation e Switch. L’arrivo di di Google è una preoccupazione per società più specializzate ma anche molto più piccole.

Stadia, infatti, non concorre solo con le altre piattaforme di streaming di videogiochi ma potrebbe erodere la vendita delle console e, per come è concepita (in modo da eliminare ogni frizione tra dispositivi diversi) rimescolare il mercato mobile (su cui Nintendo, in particolare, punta molto). Sony è da tempo leader tra le console. Playstation incassa sia dalla vendita degli hardware che dai servizi collegati. La società giapponese ha una propria piattaforma in streaming, PlayStation Now (da poco arrivata in Italia). Che però sembra meno duttile rispetto a Stadia.

La mossa di Google tocca quindi un segmento (Game & Network Services) che pesa più di ogni altro nelle casse di Sony: un quarto del fatturato nei primi nove mesi dell’anno fiscale. Ancora più esposta è Nintendo, che nello stesso periodo ha ricavato dall’ecosistema Switch (cioè sia dalla console che dai software) l’85% del proprio fatturato.

La società ha già dovuto correggere le previsioni di vendita della console, da 20 a 17 milioni di unità per l’anno fiscale che si chiude a fine marzo. La preoccupazione per il futuro delle console è uno dei fattori che ha già pesato sulle azioni delle due compagnie giapponesi. Rispetto ai picchi del 2018, Sony ha perso il 30% e Nintendo il 40%.

La risposta di Microsoft

Per quanto Stadia non faccia certo piacere a Microsoft, il gruppo che produce la Xbox non ha accusato il colpo in borsa. Questione di posizionamento, dimensioni e prospettive. È una società con capitalizzazione e risorse paragonabili a quelle di Mountain View. E poi ha un bilancio più equilibrato rispetto a Sony e Nintendo. Microsoft può guardare con meno apprensione alla concorrenza perché i videogiochi rappresentano una quota consistente ma non maggioritaria del proprio conto economico: nel 2018 il segmento ha superato per la prima volta i 10 miliardi di fatturato. Cioè circa 9% del totale.

Ma c’è di più: il gruppo sta già lavorando a Project xCloud, la propria “Netflix dei videogiochi” (come l’ha definita Satya Nadella). Dalla sua, Microsoft ha esperienza nel settore, un catalogo di titoli da cui partire, una comunità di giocatori e un’infrastruttura cloud pronta all’uso: in questo segmento è seconda per quota di mercato, alle spalle di Amazon e prima di Google. Sia chiaro, anche in Microsoft è partito l’allarme. In una nota interna intercettata da Thurrott.com, il capo dei giochi Microsoft Phil Spencer fa intendere che Project xCloud potrebbe arrivare durante la conferenza E3 di giugno. E si dice “impressionato” da Stadia. In particolare per la sua “integrazione con Youtube”: guardando il trailer di un titolo, basterà un clic per iniziare a giocare. Attenzione al ruolo della piattaforma video, tutt’altro che secondario: già oggi è la vetrina principale per il settore, come dimostra il fatto che alcuni degli youtuber più ricchi del pianeta sono videogiocatori.

I novizi: Apple e Amazon

La corsa allo streaming non sarà questione tra Google, Microsoft e Sony. Per entrare nel settore ci vogliono tante cose. E Amazon ce le ha tutte. Le risorse, prima di tutto. Sia finanziarie che tecnologiche. È già il più grande rivenditore di videogiochi al mondo. Ha una piattaforma video specializzata, Twitch, acquisita nel 2014 dopo un interessamento (non a caso) di Google. È il leader mondiale del settore cloud. Non deve quindi sorprendere che anche Jeff Bezos voglia lanciare la sua “Netflix dei videogiochi”. Anche se non dovrebbe farlo prima del 2020. Non ci sono conferme ufficiali, ma tra le offerte di lavoro del gruppo ce ne sono alcune che riguardano i videogiochi.

E poi c’è Apple. Secondo Cheddar, la Mela ci starebbe già lavorando, anche se il progetto sarebbe ancora “nelle fasi iniziali”. Il movente c’è tutto: Apple deve puntare sui servizi per allentare la dipendenza da iPhone. Il 25 marzo presenterà la propria piattaforma di streaming e probabilmente anche un abbonamento per la lettura dei giornali. Cupertino ha le casse piene e dispositivi nelle mani di centinaia di milioni di persone. Potrebbe persino optare per un mega-abbonamento che includa contenuti video, giornali, musica e videogiochi. Quello che manca ad Apple sono i giochi. Per ora.   

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