di Sandra Caschetto
Enzo Biagi nel suo primo editoriale di insediamento come direttore al Resto del Carlino scrisse “considero il giornale un servizio pubblico come i trasporti pubblici e l’acquedotto, non mandero’ nelle vostre case acqua inquinata”.
Nel contesto editoriale, l’informazione non è la comunicazione. Almeno in teoria. L’informazione è un servizio che risponde al bisogno del pubblico di conoscere ed è prodotta con un metodo controllato, in base a un criterio di verità esplicito. La comunicazione serve invece a trasmettere messaggi che hanno lo scopo di orientare il modo di pensare del pubblico, nel senso previsto e voluto da chi comunica. Teoricamente, l’informazione è fatta dai giornalisti, la comunicazione dalle aziende, dai politici, da tutti coloro che hanno bisogno di valorizzare la propria attività con una forma o l’altra di pubblicità.
Il problema nel giornalismo ha spesso origine dalla confusione tra queste due attività. Che invece la teoria del giornalismo vorrebbe vedere distinte. Lo scopo dell’informazione è servire il pubblico. Lo scopo della comunicazione è servire chi comunica. Se le due attività sono confuse, entrambe perdono credibilità e suscitano meno attenzione.
Nel giornalismo i peggiori sono quelli sfruttano l’emotività per fare titoli. Nel giornalismo ci sono 3 “S” che fanno i titoli : soldi, sesso, sangue ,se aggiungiamo anche gli scandali e’ fatta . Trattare temi poi in modo allarmistico e/o dare un’informazione troppo esasperata crea l’effetto contrario, fa perdere credibilità.
Io dico sempre: dalla parte degli scienziati per i contenuti, dalla parte del pubblico per il linguaggio evitando concetti complessi.
Un esempio: Una volta andavano di moda le enciclopedie (oggi esiste wikipedia) dovevano servire per portare la scienza al popolo, in maniera sintetica e semplice ma per essere di “alta qualità” chiedevano e chiedono ancora oggi ai Premi Nobel di scrivere le voci: il risultato? sono scritte in modo difficilissimo. Sapete cosa facevo io? La facevo leggere a mia nonna: se capiva era una buona enciclopedia, altrimenti no. Spesso nella comunicazione si vola troppo alto e non si riesce ad arrivare a destinazione.
Un altro problema e’ quello dell’attendibilità delle fonti è uno degli elementi più importanti per il controllo di qualità dell’informazione, e’ necessario fare in modo che gli utenti distinguano la fonte attendibile da quella che non lo è comunemente chiamata oggi “fake news”. Oggi l’informazione è cambiata, le cattive notizie, dal mondo ,nazionali o locali, continuano a trovare spazio sui quotidiani e in televisione, l’informazione “positiva” e “leggera” si è decisamente trasformata. I quotidiani quindi non devono informare o comunicare, hanno l’obbligo di terrorizzare aprendo scenari cupi che vanno dalle guerre alle tragedie tsunamiche ,dal deragliamento di treni agli stupri dei branchi, dalle pandemie alle vari alle azioni malavitose in un crescendo che anche tg e radio sparano a raffica per poi culminare in un gossip che deve solo terrorizzare .
L’informazione è “un bene comune”, un fondamento della nostra democrazia, ogni paese democratico, ha il dovere di alimentare l’informazione, corretta e puntuale, perché la democrazia è tale se i cittadini sono consapevoli, aggiornati e partecipati della vita pubblica.
L’informazione e la comunicazione sono efficaci veicoli anche di educazione, e la differenza dipende tanto dalla qualità delle persone che la fanno.