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LA UE INVESTIRÀ DUE MILIONI DI EURO PER FINANZIARE LA CARNE SINTETICA IN OLANDA?

È inaccettabile che l’Ue finanzi con risorse pubbliche il business privato della “carne sintetica” in provetta dietro il quale si nascondono rilevanti interessi economici

È inaccettabile che l’Ue finanzi con risorse pubbliche il business privato della “carne sintetica” in provetta dietro il quale si nascondono rilevanti interessi economici

di Vincenzo Caccioppoli

L’Unione Europea ha concesso 2 milioni di euro di finanziamenti a due aziende olandesi impegnate nella produzione di carne in laboratorio da cellule in vitro, Nutreco e Mosa Meat, che nel 2013 inventò il primo hamburger di manzo riprodotto in laboratorio dando il via al mercato della carne coltivata. Seguendo quello che appare un sentiero sempre più impervio da parte della Commissione verso un cibo sempre meno impattante sul clima, ma anche probabilmente molto meno salubre per l’uomo.

“È inaccettabile che l’Ue finanzi con risorse pubbliche il business privato della “carne sintetica” in provetta dietro il quale si nascondono rilevanti interessi economici e speculazioni internazionali dirette a sconvolgere il sistema agroalimentare mondiale”, afferma la Coldiretti, che, sottolinea, come in Mosa Meat ha recentemente coinvolto anche l’attore americano Leonardo Di Caprio come testimonial “che non ha certo bisogno dei soldi dei cittadini europei”.

Non si tratta peraltro dell’unico episodio di personaggio pubblico, ricorda Coldiretti, che cerca di fare business con la carne sintetica come dimostra il caso del magnate Bill Gates. Il supporto finanziario è stato peraltro concesso nell’ambito del programma React Eu che la Commissione Europea aveva avviato per rispondere alla crisi generata dall’emergenza Covid che ha messo in ginocchio il sistema dell’allevamento in Italia e in Europa. Ma tutto questo sembra avere davvero poco da spartire con l’emergenza Covid.

Si rischia di sostenere una abile operazione di marketing che, sottolinea Coldiretti, punta a modificare stili alimentari naturali fondati sulla qualità e la tradizione senza aver effettuato una reale verifica indipendente sull’impatto etico ed ambientale di queste produzioni sulle quali puntano un numero crescente di multinazionali per fare affari. La scelta di sostenere società che puntano a fare concorrenza sleale sul mercato spacciando per carne prodotti ottenuti dalla moltiplicazione cellulare in laboratorio combinate con fattori di crescita e sostanze compatibili con i tessuti biologici, rileva Coldiretti, si aggiunge peraltro alla campagna di demonizzazione in atto per la vera carne.

Una doppia tenaglia che minaccia di far chiudere le stalle con perdite di posti di lavoro e di produzioni tradizionali la cui distintività è componente strategica del Made in Italy nel mondo.
“La domanda di qualità e di garanzia dell’origine ha portato ad un vero boom nell’allevamento delle razze storiche italiane da carne che, dopo aver rischiato l’estinzione, sono tornate a ripopolare le campagne dagli Appennini alle Alpi – afferma il presidente Coldiretti, Ettore Prandini – l’attività di allevamento ha un ruolo fondamentale nel preservare paesaggi, territori, tradizioni e cultura poiché quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni”.

La notizia è stata accolta ovviamente con grande soddisfazione da parte delle due aziende olandesi coinvolte nel progetto. Peter Verstrate, co-fondatore di Mosa Meat, ha affermato,infatti, che la sovvenzione della Commissione europea è stata la “convalida” dello sviluppo dell’agricoltura cellulare. Il co-fondatore ha stimato che la loro ricerca potrebbe portare a riduzioni dei costi “nell’ordine di 100 volte”. Verstrate ha sottolineato che la carne bovina non viene prodotta in laboratorio, ma in un “ambiente simile a una fabbrica di birra”, aggiungendo che il prodotto deve “offrire ai consumatori la stessa esperienza della carne a un prezzo competitivo, con l’importante aggiunta di essere sostenibile.

Il professor Shoji Takeuchi, del dipartimento di Informatica meccanica intelligente della Scuola di specializzazione in Scienze e tecnologie dell’informazione dell’Università di Tokyo ha spiegato in una recente intervista come nasce la carne sintetica. “Le cellule muscolari si fondono quando sono poste l’una vicino all’altra e si trasformano in cellule con più nuclei – fa sapere lo scienziato – Normalmente, quando il tessuto muscolare viene coltivato liberamente, è orientato in modo casuale, ma è un gel di collagene modellato allungato. Coltivandolo è stato possibile allinearlo in una certa direzione come se fosse un muscolo reale.

Il fatto che abbia o meno questa struttura del sarcomero sarà un indice importante per valutare la qualità della carne coltivata in futuro”. Nel corso dello studio è stato inoltre confermato che l’aggiunta di vitamina C alla fonte nutritiva del tessuto muscolare favorisce la maturazione. Obiettivo per il 2025, quello di realizzare una bistecca dello spessore di due centimetri.
Per Hanna Tuomisto, ricercatrice dell’Università di Helsinki ed esperta che per il Joint research center (Jrc) – il Centro comune di ricerca, una delle direzioni generali della Commissione europea, ha sostenuto che questo progetto è mirato a contrastare i cambiamenti climatici, che in parte sarebbero determinati dagli allevamenti intensivi di bovini. Ma non è un’opinione del tutto condivisa questa. C’è ad esempio chi sostiene che sarebbe molto più “comodo ed appropriato scegliere allevamenti intensivi sostenibili. Circa il 14% di queste emissioni proviene dagli allevamenti di bovini: così affermano alcune ricerche riferite dalla Fao.

Per fare questi calcoli si utilizza come metro di misura la produzione di CO2 (anidride carbonica. Chi “versa” più gas in atmosfera non sono gli allevamenti intensivi dell’Europa o del Nord America, bensì quelli estensivi delle pampas brasiliane, delle praterie argentine, dei pascoli del Sud Africa e dell’Asia.secondo l’Ispra gli allevamenti intensivi di bovini sarebbero responsabili di solo il 2% delle emissioni di gas serra nel nostro paese. Questo perché in Italia gli allevamenti intensivi di bovini sono fatti in maniera sostenibili in gran parte rispettando animali ed ambiente allo stesso tempo.

La domanda che viene spontanea è se sia giusto per avere benefici tutto sommato trascurabili sull’ambiente rischiare di provocare danni a lungo termine alla salute dell’uomo?

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