L’Eni è più forte dopo l’accordo con Adnoc Refining, la società di raffinazione degli Emirati Arabi, della quale ha acquisito il 20%, rafforzando la sua presenza nel Golfo, “un mercato che per 70 anni è stato esclusiva di Usa, Gran Bretagna e Francia”. Lo afferma l’ad di Eni, Claudio Descalzi, intervistato da ‘Affari e finanza’, supplemento di ‘Repubblica’.
L’intesa con Adnoc, sottolinea Descalzi, “è un riconoscimento alla mostra eccellenza tecnologica e alla capacità di passare in tempi brevi dalla ricerca alla tecnologia, all’implementazione di quest’ultima e infine alla sua trasformazione in un business equilibrato e stabile: meno tempi morti e più redditività”.
Inoltre, afferma l’ad di Eni, “entriamo in un’area che prima era dominio di società di altri Paesi e in cui non siamo mai stati presenti” e “mettiamo una base solida in un’area meno sensibile politicamente e paragonabile alle aree Ocse. Stabilità geopolitica e contrattuale, partner evoluti e competenti”.
Com’è cambiata la raffinazione
La raffinazione, nota Descalzi, “una volta era un settore in perdita. Ora aumentiamo del 35% la nostra capacità, siamo diversificati dal punto di vista geografico, più bilanciati nella catena del valore, più resilienti rispetto alla volatilità del prezzo. E c’è più equilibrio tra tutte le componenti, dall’estrazione alla chimica, all’economia circolare. Con Abu Dhabi – prosegue l’ad – crediamo un hub di grandi dimensioni e con un ulteriore potenziale di crescita. Con il contributo delle nostre tecnologie gli impianti arriveranno tra il 2021 e il 2022 a una capacità di 1,1 milioni di barili al giorno, fino a raggiungere successivamente 1,6 milioni di barili, un volume che potrà portare l’intero complesso a essere il primo al mondo”.
Eni nel mondo
Guardando alla presenza di Eni nel mondo, Descalzi ricorda: “In Iran non ci siamo più. In Venezuela invece ci siamo ancora, ma fortuna il nostro gas è offshore. La produzione è ridotta a un terzo del potenziale. Siamo attenti alla sicurezza del nostro personale, e speriamo che ci sia una soluzione pacifica e democratica ai problemi di quel Paese. Tutto è in mano alla diplomazia, comunque”.
“In Libia – dice ancora l’ad – siamo la più grande società operativa, gli unici che producono prevalentemente gas per il mercato domestico e generazione elettrica. Lì ci aiuta la storia e il fatto di essere una società trasversale. Personale libico da est a ovest, da nord a sud. E massima attenzione alla sicurezza”.
A Cipro, ricorda Descalzi, “siamo lì con sei permessi di esplorazione, quasi tutti insieme alla francese Total”, e spiega: “Siamo in un sistema politico europeo che fa di tutto per proteggere le società, ma soprattutto i diritti internazionali. Se ci saranno tensioni non risolte dalla diplomazia, attenderemo che i tempi siano maturi per andare avanti. La priorità è sempre la sicurezza”.
Il caso Regeni
L’ad di Eni parla anche dell’Egitto e del caso Regeni: “Mi addolora molto che non ci sia chiarezza su quello che è successo. E’ un dovere di tutti capire cosa e perché è successo, dobbiamo avere risposta alle domande. Ci sono i profitti, le società, gli affari, ma sopra a tutto ci sono i valori e il rispetto delle vite umane. Le priorità sono queste. Non accetto che il posizionamento all’interno di un Paese non tenga conto di questo”.
Descalzi risponde anche a un domanda sulle trivelle: “Sulle trivelle e in generale io penso che la crescita debba essere fatta minimizzando rischi ed emissioni. Bisogna avere regole, essere rigorosi e trasparenti, facendo partecipare istituzioni e comunità. E’ giusto che ci sia un dibattito, si aprano le porte come abbiamo fatto in Val d’Agri e a Ravenna. Poi le soluzioni si trovano. Tenendo presente che il settore energetico impiega centinaia di migliaia di persone e produce eccellenze tecnologiche. Negli ultimi 10 anni, comunque, Eni ha perforato in Italia solo tre pozzi esplorativi, tra l’altro tutti onshore”.
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