Il freddo artico, che continuerà a coinvolgere l’Italia ben oltre l’Epifania, è freddo. Spesso è più produttivo delle ondate di gelo, causa tassi di umidità più alti per via della provenienza del freddo stesso. Poi ovvio, dipende dalla risposta dal Mediterraneo e dalla sua capacità di generare vortici ciclonici secondari.
Ma tra freddo artico e gelo siberiano c’è una bella differenza. Anzi, c’è una differenza abissale. Il gelo siberiano è pesante, viaggia al livello del suolo e non in quota (come fa l’aria artica). Significa che il suo impatto è diretto, immediato, consistente. Quando arriva lo si percepisce immediatamente, che nevichi oppure no poco cambia. Le giornate di ghiaccio, ovvero giornate con temperature massime sotto zero, ricordano la provenienza della massa d’aria.
Se è vero che il freddo artico può generare vortici ciclonici secondari, lo è altrettanto per il gelo siberiano. Spesso e volentieri, in occasioni di irruzione da est, abbiamo assistito alla nascita di strutture cicloniche tirreniche o ioniche. Le conseguenze? Ovviamente nevicate in pianura e sulle coste.
Non solo, l’aria gelida può causa i cosiddetti fenomeni da stau ed è ciò che accade nelle regioni adriatiche. Il transito sull’Adriatico fa sì che la massa d’aria, inizialmente secca, si carichi d’umidità generando imponenti ammassi nuvolosi. Nubi che, dopo aver scaricato neve sulle coste e le pianure, si ammassano sull’Appennino – zone ovviamente sopravento – generando ingenti nevicate.
Ma perché parliamo del gelo siberiano? Beh, se ci seguite saprete che quest’anno stanno succedendo cose estremamente interessanti. L’atmosfera ribolle, il Vortice Polare potrebbe spaccarsi e l’Anticiclone russo-siberiano avanzare in Europa.