Uno degli elementi che sta condizionando la stagione invernale è senz’altro la Nina, ovvero quell’anomalo raffreddamento del Pacifico equatoriale capace di condizionare l’intera circolazione emisferica seppur con effetti talvolta imprevedibili.
Diciamo che nel Nord America i risvolti meteo climatici sono diretti, mentre in Europa la presenza dell’Oceano Atlantico può andare a smorzarne gli effetti. Tradotto in soldoni, una delle implicazioni principali della Nina è la comparsa di un possente Anticiclone sul Pacifico settentrionale. Ed è ciò che sta accadendo quest’anno. Struttura in grado di modulare il cosiddetto “jet stream”, ovvero le correnti d’alta quota che in base al posizionamento dell’Alta Pressione possono avere più o meno tensione.
Ma tra gli effetti più imponenti dell’Anticiclone del Pacifico c’è anche quello delle onde di calore, capaci di propagarsi in stratosfera e in quanto tali responsabili dell’indebolimento del Vortice Polare.
Ma perché tutto questo discorso? Semplice, perché i modelli stagionali – con a capo l’europeo ECMWF – ci dicono che lo schema barico prevalente della stagione primaverile potrebbe essere il seguente: Alta Pressione del Pacifico, depressione sul Canada orientale, blocco anticiclonico sul nord Atlantico.
Tradotto in soldoni: l’Europa centro occidentale potrebbe risentire di irruzioni d’aria fredda, sia di matrice artica sia di origine nord atlantica. Non a caso le temperature potrebbero evidenziare anomalie negative fin sull’Italia, il ché vorrebbe dire Primavera fredda e perturbata – specie tra marzo e aprile – anche sulle nostre regioni.
Gli altri modelli stagionali, quelli americani ad esempio, procedono sugli stessi binari seppur con ovvie differenze dettate dall’arco temporale talmente ampio che – è bene ricordarlo – rende tali previsioni dei trend stagionali appunto.