Nel corso degli ultimi anni il consumo di uova è cresciuto nelle Marche e nell’anno del Covid è arrivato, come nel resto d’Italia, a un vero e proprio boom. E se la spesa alimentare da parte degli italiani è cresciuta del 15% nel corso del 2020, i marchigiani che dicono di mangiare questo alimento più di una volta alla settimana sono passati dal 56% a oltre il 68% negli ultimi 10 anni, secondo uno studio Coldiretti su dati Istat in vista della Pasqua. Che siano sode per la colazione, dipinte a mano per abbellire le case e le tavole apparecchiate o, più diffusamente, impiegate in ricette tradizionali o in prodotti artigianali e industriali, la Settimana Santa proprio il periodo di punta per questo alimento. Anche la pandemia ha inciso sui consumi. L’Ismea ha calcolato nel 2020 il consumo annuo più alto dell’ultimo quinquennio: ben 13,8 chili pro capite. “Tutto all’insegna della trasparenza visto che – spiegano da Coldiretti – per garantire il Made in Italy e i consumatori ogni uovo va timbrato per tracciarne l’origine. Su ogni guscio viene riportato un codice alfanumerico che consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all’aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), allo Stato in cui è stato deposto (es. IT). Il codice prosegue indicando il codice Istat del Comune, la sigla della provincia e, infine, il codice distintivo dell’allevatore. A queste informazioni si aggiungono – continua la Coldiretti – quelle relative alle differenti categorie (A e B a seconda che siano per il consumo umano o per quello industriale) per indicare il livello qualitativo e di freschezza e le diverse classificazioni in base al peso (XL, L, M, S). Nelle Marche vivono oltre 908mila galline ovaiole. Il numero, rispetto a 5 anni fa, è aumentato di circa il 5%. In crescita del 27%, nello stesso periodo, anche il numero degli allevamenti: sugli 84 presenti in regione, il 36% dei quali è biologico o all’aperto.