Il System Biology Group Laboratory del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università La Sapienza di Roma, coordinato dal prof. Mariano Bizzarri, annuncia la pubblicazione sulla testata scientifica internazionale ‘Oncology Reports’, di un importante lavoro di revisione di oltre ottant’anni di studi sulla reversione tumorale.
Il progetto è stato condotto dal ricercatore italiano Andrea Pensotti, da anni impegnato nello studio dei processi di reversione tumorale dal punto di vista sia sperimentale sia teoretico.
Per ‘reversione tumorale’ si intende la trasformazione del fenotipo della cellula cancerosa da maligna a benigna. Questo processo avviene attraverso meccanismi di natura epigenetica (i processi che regolano l’espressione dei geni), dunque senza la correzione delle mutazioni genetiche. Grazie a tali modificazioni epigenetiche, le cellule tumorali si ri-normalizzano e perdono la capacità di disseminare metastasi.
Il tema della reversibilità del fenotipo (insieme delle proprietà funzionali e biochimiche della cellula) tumorale maligno in benigno è infatti tutt’altro che nuovo (se ne parla dai primi del ’900), ma nel tempo è stato trascurato e poco finanziato.
Ora, l’interesse della autorevole testata scientifica per il lavoro del dott. Pensotti, nato da una collaborazione tra Systems Biology Group e l’Università Campus Bio-Medico di Roma e realizzato insieme al professor Mariano Bizzarri e alla professoressa Marta Bertolaso, evidenzia la sua portata storica di argomenti affascinanti, ben documentati (solo su Pub Med gli articoli sono 350) e meritevoli di approfondimenti. Di fatto, al System Biology Group Laboratory, la ‘tumor reversion’ è materia di indagine fin dal 2005.
Il lavoro del dottor Pensotti è consistito nel sistematizzare tutte le ricerche più rilevanti su tale argomento. Dapprima ha raccolto e classificato tutti gli articoli pubblicati sulla reversione tumorale in base ai modelli sperimentali e ai risultati. Gli studi poco rilevanti o che riportavano esiti poco significativi oppure dubbi sono stati scartati. I rimanenti lavori sono stati organizzati dal punto di vista sia dei modelli sperimentali impiegati sia delle risultanze. In questo modo ora tutti gli scienziati interessati hanno a disposizione una mappatura dello stato dell’arte su questa ricerca. La relazione redatta e pubblicata da ‘Oncology Reports’ segue un ordine cronologico per poter dar conto della progressione del pensiero scientifico.
Due i punti di convergenza di tutta la letteratura scientifica sulla reversibilità delle cellule tumorali: gli embrioni, nelle loro prime fasi di sviluppo, dimostrano una naturale autodifesa dai tumori e ciò si deve al loro microambiente, ovvero ad alcune sostanze (o segnali biologici) che ne determinano l’evoluzione vitale.
Le sostanze, che nell’embrione guidano la differenziazione cellulare e la formazione di organi e apparati, esercitano un controllo anche sulle cellule tumorali, fino ad indurne la conversione in cellule benigne.
Ecco, nel lavoro del dott. Pensotti, alcuni studi sulla ‘tumor reversion’, che hanno segnato tappe miliari.
Nel 1969, il docente del premio Nobel John Gurdon, prof. Robert McKinnell, della Tulane University di New Orleans, constatò che impiantando dei nuclei di cellule di tumore renale di rana all’interno di ovociti attivati di questo anfibio, i girini nascevano sani.
Stesso esperimento e stessi esiti nei topi, qualche anno dopo, all’Institute for Cancer Research di Filadelfia, per i prof. Beatrice Mintz e Karl Illmensee.
A ipotizzare che le cause di questi fenomeni fossero da ricercare nelle sostanze del micro ambiente embrionale fu poi il prof. Barry Pierce della Colorado University come si legge nell’articolo dal titolo Cancer and Its Control by the Embryo. Pierce scoprì inoltre che questi elementi sono presenti solo in specifiche fasi dell’embrione. Ad esempio, solo l’estratto prelevato mentre si formano i neuroni, la neurulazione, è in grado di far riprogrammare le cellule di tumore cerebrale.
In Italia, a breve verrà pubblicato un lavoro condotto proprio dal prof. Bizzarri e dal dott. Pensotti che hanno identificato gli specifici micro-RNA degli estratti di uova di zebrafish (un piccolo esemplare tropicale ad alta compatibilità genetica con l’essere umano) e di trota, coinvolti nell’indurre i processi di reversione tumorale. I micro-RNA sono piccole molecole endogene di RNA coinvolte in numerosi processi di regolazione genica.
Il team del Prof. Bizzarri, conducendo test su una linea cellulare aggressiva di tumore al seno (MDA-MB-231) trattata con diverse tipologie di estratti di uova di pesce, è riuscito ad indurre la reversione tumorale. Nello specifico, le cellule si sono trasformate perdendo la loro capacità di migrare ed invadere altri tessuti (metastatizzare).
Studi successivi (in fase di pubblicazione) hanno mappato l’intera catena di segnali biologici mediati dai micro-RNA che inducono questi processi. Gli effetti positivi dei micro-RNA di zebrafish e di trota sono stati osservati su moltissime linee tumorali, dal al tumore del colon, del polmone, del fegato e della mammella. Le cellule tumorali quando entrano in contatto con i micro-RNA, modificano il loro comportamento riacquistando una morfologia regolare e non sono più in grado di migrare ed invadere altri tessuti.
Precedenti test sulle uova di zebrafish avevano già evidenziato una riduzione del tasso di proliferazione cellulare ed un aumento del tasso di morte cellulare programmata (apoptosi) delle cellule tumorali indotta dalla proteina p53.
La ‘tumor reversion’ risulta essere un filone di ricerca molto promettente, con evidenze sperimentali solide fornite da diversi gruppi di ricerca e con diversi modelli sperimentali. Ora l’obiettivo è quello di traslare in clinica questi risultati ed un primo step potrebbe essere quello di utilizzare questi processi per “addormentare” le cellule tumorali, trasformandole in benigne e tenendole in uno stato quiescente il più a lungo possibile.
46 anni dopo l’articolo del British Medical Journal del 26 agosto 1978, che apriva con il titolo ‘Il cancro è reversibile?’, possiamo dunque affermare che la battaglia contro il male più temuto in Occidente si può affrontare non solo distruggendo le cellule impazzite, ma anche riprogrammandole, perché tornino ad essere fisiologicamente normali, e di conseguenza si può lavorare per arrivare a produrre soluzioni di nuova generazione per la cura oncologica, quanto meno come terapie complementari che aumentino l’efficacia di quelle tradizionali, o rimedi multicomponente in grado di agire sui diversi meccanismi biologici che concorrono allo stato canceroso.