Secondo i dati Eurostat indicati nel più recente rapporto della Camera dei Deputati sulle Politiche Pubbliche Italiane, l’Italia si conferma essere il Paese con i numeri più bassi in Comunità Europea relativamente al tasso di occupazione femminile (pari al 55%). Tra le mamme lavoratrici, la ricerca evidenzia la difficoltà nel conciliare esigenze personali e attività lavorativa che incide per il 52% sulle donne richiedenti le dimissioni. Il divario lavorativo tra uomini e donne, in generale, è pari al 17,5%; dato che aumenta in presenza di figli.
La parità di genere e la tutela della maternità sono tra gli obiettivi dell’agenda Europea 2030 su cui l’Italia è in ritardo: nell’ultimo rapporto del 2023, l’ASVIS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) evidenzia che i progressi registrati negli ultimi sette anni in tal senso sono stati limitati. Nel 2022, infatti, in Italia il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra 25 e 49 anni con figli di età inferiore ai 6 anni è pari a 55,5%, mentre il dato delle donne della stessa età senza figli è del 76,6%.
Le mamme in azienda sono delle risorse importanti per le skills acquisite. Un quadro nazionale che non si confronta con i dati connessi al plus valore che le mamme possono portare in azienda da più punti di vista. “Innanzitutto va considerato che il primo figlio si fa mediamente sempre più tardi, intorno ai 33 anni e si parla di gravidanze fino ai 45 anni (dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro)” spiega Laura Pozzi, Consulente del lavoro di Partner d’Impresa, network professionale che riunisce un team multidisciplinare di oltre 200 professionisti tra commercialisti, legali, fiscalisti e consulenti del lavoro.
“Questo significa – continua Pozzi – che le neo-madri di oggi sono sempre di più figure aziendali senior, con competenze affermate nel tempo che è un danno perdere. Inoltre, è comprovato che la maternità sviluppi specifiche soft skills, tra cui una maggiore empatia e competenze relazionali”. A dimostrarlo è uno studio olandese che conferma come le neomamme, sollecitate dall’accudimento della prole, sviluppino una maggiore capacità di lettura delle emozioni altrui e una maggiore comprensione dei bisogni dell’altro. “Per la loro stessa condizione sono abituate a essere più attente, multifunzionali e organizzate e queste qualità possono rivelarsi una vera risorsa da potenziare in ambito professionale”, aggiunge Laura Pozzi.
In Italia non ci sono ancora politiche orientate a supportare economicamente le imprese nella gestione dei costi delle maternità, contribuendo a creare un terreno difficile per il mantenimento di queste risorse. La sfida dei consulenti del lavoro è quella di supportare l’imprenditore nella comprensione di questi plus determinanti, affinché possa mettere a disposizione delle sue dipendenti in maternità o di rientro strumenti di welfare adeguati, come ad esempio il bonus bebè (che prevede una somma di denaro per ogni gravidanza) al fine di motivare la propria dipendente a non lasciare la sua attività lavorativa e a rientrare in ufficio dopo il periodo di congedo. “Un aspetto importante è non far sentire isolata la risorsa durante i mesi in cui si trova a casa dandole l’opportunità di restare, se lo desidera, connessa col mondo aziendale” spiega Laura Pozzi. Secondo l’esperta, non si tratta necessariamente di accorgimenti onerosi, ma di semplice buon senso: dal consentirle mensilmente di fare delle call di aggiornamento con un suo superiore all’invitarla sempre agli eventi aziendali. E’ importante anche avvisare i dipendenti del suo imminente rientro in ufficio affinché la si possa accogliere al meglio e organizzare, dove possibile, le modalità smart working congeniali alla sua nuova condizione. Si tratta in generale di accorgimenti che faranno sentire la risorsa apprezzata e che la aiuteranno a tornare più serenamente nella quotidianità del proprio lavoro.
Vademecum per un’azienda a prova di mamma. “Per quanto le politiche nazionali non siano ancora assolutamente sufficienti a garantire gli sgravi economici e fiscali adeguati a supportare l’impresa nella gestione finanziaria dell’impatto di una maternità, la considerazione dei punti sopra elencati viene sempre più promossa dai nostri Consulenti del lavoro come elemento determinante per preservare le neo-mamme portando plus valore in azienda. L’utilizzo di tutti gli strumenti a parziale carico dell’Inps previsti e i bonus utilizzati da alcune imprese per l’assunzione di risorse a sostituzione di personale in congedo, affiancati a un piano welfare di sostegno detraibile fiscalmente, consentiranno di ottimizzare per quanto possibile le risorse economiche mantenendo una lavoratrice presente, efficiente, attiva e produttiva in una visione a lungo termine. Inoltre, nei casi di assunzioni di neo mamme e donne in generale, esistono dei nuovi bonus studiati dalla legge di bilancio 2024 che favoriscono l’ingresso in azienda a sostegno delle lavoratrici e dei datori ma di cui ancora non ci sono i decreti attuativi. Le intenzioni sono positive, vedremo quali saranno gli sviluppi concreti” conclude Pozzi.
- INCENTIVO ASSUNZIONI NEOMAMME Dal 1° gennaio esiste questa normativa prevista dalla Legge di Bilancio 2024, di cui mancano però le norme applicative. L’agevolazione consiste in uno sconto Irpef o Ires che si applicherà solo nel 2025 se sussistono i requisiti applicati nel 2024. Al momento non consigliamo di utilizzarla, visto il quadro di incertezza, ma di tenerne monitorati gli sviluppi.
- INCENTIVO ASSUNZIONI DONNE A proposito di incentivi per le donne, tra cui anche neo mamme, c’è per esempio la misura di decontribuzione per il 2024 al 50%; dura 12 mesi in caso di assunzione a tempo determinato e 18 mesi in caso di tempo indeterminato.
- INCENTIVO PER SOSTITUZIONE LAVORATORI IN CONGEDO Si tratta di un incentivo valido solo per le aziende con meno di 20 dipendenti. I datori di lavoro che assumono persone in sostituzione dei lavoratori in congedo di maternità, paternità, parentale o per malattia del figlio, fino al compimento di un anno di età del minore possono beneficiare di uno sgravio contributivo del 50% per un massimo di un anno.
- BONUS CONTRIBUTIVO DI PARITA DI GENERE Questa agevolazione è ottenibile solo a condizione di conseguire la certificazione che, oltre ai costi connessi, comporta l’attuazione di azioni protese alla creazione di una cultura aziendale più sensibile verso la parità di genere e di procedure che ne garantiscano nel tempo il rispetto. Si tratta di uno sconto contributivo il cui beneficiario è il datore di lavoro privato. L’esonero non può superare l’1% dei contributi dovuti entro il limite massimo di 50.000 euro annui per ogni azienda Questo incentivo è cumulabile con le altre misure agevolative.