Crime e Generazione Z: un connubio sempre più forte, soprattutto negli ultimi anni. Moltissimi, infatti, si stanno appassionando sempre di più al mondo del True Crime, complici podcast e programmi TV a tema, che suscitano grande interesse soprattutto tra le generazioni più giovani. Secondo il rapporto Culture Next 2023 di Spotify la passione per il genere ha contribuito in modo significativo al successo dei podcast: i contenuti audio a tema True Crime hanno un tasso di completamento superiore all’80% e l’ascolto di questa categoria è aumentato del 133% rispetto al report precedente. Anche la TV è testimone di questo fenomeno generazionale: i programmi a tema cronaca nera registrano un tasso di ascolti sempre più in crescita tra le nuove generazioni, che interagiscono a suon di commenti sulle piattaforme social come Instagram e X. Si accoda al fenomeno anche Netflix, che nel suo report indica la serie originale The Night Agent, che segue le vicende dell’agente dell’FBI Peter Sutherland, come la più vista, con oltre 812 milioni di ore di visione.
Questo fenomeno ha portato una sempre crescente richiesta dei giovani nei percorsi di studi affini alla criminologia, come corsi di laurea specialistica o master. Quale percorso, però, è meglio intraprendere? Esistono in realtà due rami della criminologia: il primo, socio criminologico investigativo, e il secondo, definito invece clinico, che viene approfondito in specializzazioni in ambito psicologico psichiatrico. La criminologia è infatti una disciplina multifattoriale che attinge da vari campi, sociologico, culturale, clinico, giuridico ed è un settore che cerca di cogliere la pericolosità degli individui, determinarne i comportamenti devianti, così come i fattori che accanto a dei contesti pregiudicanti possono contribuire all’attualizzazione e formalizzazione di agenti violenti e delittuosi auto-etero lesivi.
In Italia però, al giorno d’oggi, non esiste un percorso di studi definito per diventare criminologi, poichè si tratta di una specializzazione e occorre quindi, prima, ottenere una laurea in giurisprudenza, psicologia, medicina o sociologia, o, in alternativa, optare per un percorso linguistico che si focalizzi proprio in criminologia.
“Dal punto di vista culturale, c’è sempre più attenzione al caos, alla spettacolarizzazione del disordine e alla fascinazione del male: dobbiamo vedere, conoscere, siamo attratti dai conflitti perchè ci interessa capire la reazione delle persone di fronte a eventi critici.” – commenta Simone Borile, Coordinatore del corso di Sicurezza e Difesa Sociale (Criminologia) di CIELS e giudice esperto del tribunale di sorveglianza di Venezia. “La figura del criminologo in Italia però, a differenza degli altri Stati, non è ancora regolamentata, proprio perché può provenire da molti ambiti differenti”.
Sicurezza e difesa sociale: le lingue applicate alla criminologia
Testimone della crescente domanda dei giovani per questa particolare materia è l’indirizzo in Sicurezza e Difesa Sociale (Criminologia) di CIELS (www.ciels.it), Scuola Superiore di Mediazione Linguistica Socio-culturale a ordinamento universitario del gruppo Plena Education, che si focalizza sul mondo investigativo, scientifico e forense. Partendo da una profonda conoscenza letteraria e scientifica dell’ambito della criminologia e della vittimologia, la didattica arriva allo sviluppo di competenze legali, psico-sociali e comunicative, con l’obiettivo di formare nello studente la capacità di comprendere i comportamenti a rischio aggressività e le modalità per entrare in contatto con questi fenomeni, instaurando, con il soggetto, un rapporto empatico che permetta la mediazione. Le skills vengono consolidate attraverso varie attività laboratoriali che affrontano tematiche giuridiche, di psicologia criminale e sociale con obiettivo di definizione dei criminal profiles, il tutto in un contesto innovativo che analizza le tendenze del cyber crime.
Perchè le lingue straniere? Lo studio delle lingue non comporta solo l’apprendimento di un lessico forense, ma consente di entrare nella dimensione socio culturale del paese di riferimento e capire così quali fattori possono promuovere, sostenere, legittimare e condonare anche una condotta da noi ritenuta illecita e deviante. La mediazione linguistica, inoltre, è una delle facoltà che negli ultimi anni ha trovato modo di espandersi ed essere sempre più ricercata come scelta degli studenti, complice una globalizzazione continua, dove non solo i mercati ma le culture si intersecano e si contaminano vicendevolmente. È sempre più necessario avere quindi delle persone che possono inserirsi come intermediari per migliorare gli scambi economici, lavorativi, politici, diventando dei ponti in contesti dove le peculiarità culturali sembrino stridere invece che diventare ricchezza per tutti.
La licenza per esercitare questa professione viene rilasciata dalla prefettura sulla base di un percorso triennale (con obbligo del percorso universitario in ambito criminologico investigativo). Il mediatore linguistico forense, oltre ai tradizionali sbocchi linguistici previsti e correlati all’attività del traduttore e interprete, potrà quindi operare all’interno di delicati circuiti afferenti al mondo investigativo, scientifico e forense quali grandi istituzioni, avvocature, case di reclusioni e strutture che operano nei contesti in cui ci sono soggetti vittime di eventi critici e/o protagonisti di reati.
Lo studente e futuro professionista è preparato nella traduzione e comprensione dei fenomeni criminosi ed è capace di inserirli nei contesti internazionali mediante un approccio sistemico, globale e culturale. L’attività di traduzione e interpretariato consente al mediatore di inserirsi in un segmento di mercato innovativo e potenzialmente ricco di opportunità professionali. Lo studio accurato delle lingue pone lo studente come specialista indiscusso nei processi di analisi, comprensione, identificazione di traduzione di testi e contesti di delicatissima importanza sociale.