“La contrattazione nazionale nelle attuali condizioni ha nessun potere di incremento dei salari reali ma anche scarso potere di mantenerne il livello, perché il tasso di crescita del livello generale dei prezzi è al 6,7% in termini tendenziali mentre le proiezioni di crescita dei salari nominali sono dello 0,8%, con una perdita del potere d’acquisto superiore al 5%. La situazione preoccupa per due ragioni; I lavoratori poveri sono sempre di più e dal punto di vista macroeconomico la restrizione del potere di acquisto dei consumatori nuoce alla domanda aggregata”. È quanto ha dichiarato il professor Sebastiano Fadda presidente dell’INAPP in un’intervista con Huffington Post.
“Il mondo del lavoro non gode di buona salute – ha spiegato – Abbiamo sempre il problema della precarietà: tutte le variazioni di segno positivo che si sono avute dopo il lockdown nel livello di occupazione sono sempre caratterizzate da forte presenza di forme di lavoro atipico, part time, a tempo determinato, in collaborazione o addirittura senza contratto, caratteristiche che colpiscono particolarmente la fascia di forza lavoro femminile e quella giovanile”.
“Il reddito da lavoro spesso non è sufficiente a garantire stabilità, sicurezza e possibilità di programmare anche lo sviluppo di una famiglia – ha proseguito – A questo si aggiunga il generale basso livello dei salari, la bassa dinamica della produttività e quella contenuta dell’occupazione. Dovremmo puntare a tutti i costi a risolvere questi problemi”. Per farlo però secondo il presidente dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche “ci vuole un sistema di relazioni industriali solido e un atteggiamento di collaborazione tra le parti sociali per trovare soluzioni. Lanciarsi slogan reciproci semplifica problemi che non sono semplici, e che devono avere soluzioni articolate, e crea un clima di scontro che non giova”.
Il presidente dell’Inapp commenta infine la possibilità di intervenire per liberare risorse a vantaggio dei salari, a partire dal taglio del cuneo fiscale. “È necessario muoversi su due linee, verificare l’impatto sul sistema previdenziale e procedere a una ristrutturazione del sistema fiscale, in modo da compensare il mancato introito che deriva dalle mancate contribuzioni”. La riduzione del cuneo fiscale, conclude Fadda, “va bene se inquadrata in una simultanea revisione del sistema previdenziale e del sistema fiscale. Altrimenti si provocano squilibri sul bilancio pubblico e/o problemi gravi per la sostenibilità della previdenza”.