“Ladada (Mes Derniers Mots)” è il singolo d’esordio dell’artista olandese Claude, che dopo lo sfavillante debutto nel suo Paese sbarca in Italia da venerdì 24 febbraio per Time Records/Believe.
Oggi l’Europa è il centro di molti germogli stilistici, che crescono sul terreno fertile in particolare dei territori a Nord d’Europa, così come in Francia e in Inghilterra. Figli d’Africa magari di seconda o anche terza generazione, poliglotti per natura che rivendicano la mescolanza del loro DNA anche su partitura. Gli esempi sono tanti: Michael Kiwanuka, Benjamin Clementine, e certamente Stromae. Se gli esempi suddetti ci portano dall’Inghilterra al Belgio, transitando anche per influenze e riti di passaggio francesi, ecco spuntare un nuovo nome, il cui Paese di residenza è un altro esempio di fecondo melting pot culturale.
Una lingua musicale che passa dall’inglese al francese, senza dimenticare le poliritmie del continente africano. Talento lanciatissimo in patria con il suo singolo di esordio “Ladada (Mes Derniers Mots)”, il giovanissimo artista -che ha debuttato artisticamente a The Voice Kids nel 2019- è pronto al grande salto, il cui bersaglio è proprio la platea europea.
“This is my last confession” recita il primo verso del brano, dove l’artista olandese di origini congolesi gioca con le contaminazioni linguistiche allo stesso modo in cui fa con quelle musicali. Basti guardare il gioco di riflesso con il sottotitolo della canzone (Mes Derniers Mots), ovvero “le mie ultime parole“.
Confessione, ultime parole, e un titolo onomatopeico che imita il suono delle note. Come a dire: gli idiomi sono importanti fino a un certo punto, perché il vero Esperanto globale è la musica. E non c’è altro al mondo capace di rimanerti attaccato alla pelle come la musica, proprio perché un semplice motivo non ha bisogno di essere tradotto (Ladada), arriva subito a chiunque e a qualunque latitudine. Le barriere culturali diventano di polistirolo, perché le onde musicali le penetrano senza remore. E quando ascolti “Ladada (Mes Derniers Mots)”, un minuto dopo sta già risuonando nella testa, e ti accompagna mentre fai la doccia, mentre cerchi di concentrarti sul lavoro, mentre sei al telefono con un amico, e già stai sorridendo.
Contaminazioni linguistiche, ma anche musicali.
Il metro è R&B (genere frutto di contaminazione in sé), il look è electro-pop, quasi dance, ma attenzione alle timbriche. C’è infatti una fisarmonica a impreziosire i ritornelli che ci teletrasporta su L’Avenue des Champs-Élysées. E poi tutta l’atmosfera di una canzone in minore, nostalgica, eppure su BPM decisamente up, sa veramente tanto di nostalgia francese. Ma nello spirito romantico, in questa ultima confessione nasce un sorriso di speranza.
Il videoclip. Piano sequenza: seguendo i corridoi, salendo su per le scale, in questa casa le cornici distrutte delle fotografie gettate per terra non preannunciano nulla di buono. Indizi di un vaso rotto, cocci di un rapporto ormai in frantumi. Claude prova disperatamente a riattaccarli, ma lei sta già celebrando il distacco. Cosa sia accaduto nello specifico, chi abbia tradito chi, non ci è dato sapere. Nel dramma però, spunta una spiazzante contrapposizione. Ad ogni ritornello le sequenze danno speranza, è un ballare sul dolore, un gridare liberatorio davanti a un fuoco (lui) dentro una camera assolata (lei). Il ritornello Ladada diventa un canto di espiazione, una cantilena liberatoria grazie alla quale il dolore sembra momentaneamente superato (o per meglio dire dimenticato). Un video essenziale che segue la bussola emozionale del brano di Claude, con tutta la magia che i linguaggi cross mediali sanno generare.