“Il Codice degli appalti avrebbe dovuto essere un’occasione di semplificazione, ma eliminare tout court le regole non riteniamo sia tale. Ciò che viene richiesto dai cittadini non è cambiare le regole rendendole opache e meno trasparenti, senza investire in qualità. Allora dico che questo Codice appalti non ci soddisfa, anzi, ci preoccupa in quanto reintroduce alcuni sistemi che con fatica ci eravamo lasciati alle spalle e che creavano problemi seri in termini di sicurezza sul lavoro”. Lo ha dichiarato Debora Serracchiani (deputata del Partito Democratico in Commissione Giustizia a Montecitorio), nel corso del webinar “Appalti: in vigore il nuovo codice, come conciliare semplificazione e legalità?”, promossa dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.
“Il fatto che non ci siano più interventi legati a controlli sulla sicurezza sul lavoro – ha proseguito Serracchiani – con lo spostamento della responsabilità su altri soggetti, attraverso l’autocertificazione, non ci convincono. Il tema della responsabilità che, in molti casi si assumono gli amministratori, va rivista nella logica in cui si ragiona di responsabilità amministrative, contabili e politiche. Questo sistema va rimesso in ordine. Ci preoccupa il sub appalto a cascata che porta riduzione dei costi del lavoro con minore qualità e più rischi per i lavoratori”.
Alle critiche mosse dalla deputata Dem ha risposto Ilaria Cavo (Noi Moderati), vicepresidente della Commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati: “Il nuovo ‘Codice degli Appalti’ va nella direzione della semplificazione. Rappresenta la risposta alla necessità di ridurre la burocrazia come manifestato in tanti settori produttivi, un segnale consistente di fronte alle grandi difficoltà che hanno gravato sulle aziende determinandone la chiusura negli ultimi anni. Tra i punti di maggior pregio c’è la possibilità di arrivare ad affidamenti diretti fino a 5,3 milioni con scaglioni e modalità diverse; fino a 150mila euro il nuovo codice prevede l’affidamento diretto e al di sopra di questa soglia procedure negoziate. I comuni – ha aggiunto Cavo – possono evitare di ricorrere alle stazioni appaltanti per progetti fino a 500mila euro. Ciò consente di abbattere i tempi delle grandi opere e la revisione dei prezzi laddove c’è variazione dei costi superiore al 5%. Tutto ciò consente di non bloccare gli appalti. La digitalizzazione degli appalti, infine, resta il motore della macchina che garantisce trasparenza e velocità. Ci auguriamo che serva a far partire tanti cantieri nuovi”.
Perplessità è stata espressa da Agostino Santillo (vicepresidente del Gruppo del Movimento cinque stelle alla Camera): “Il M5s è sempre stato a favore della semplificazione e della digitalizzazione, basti pensare al decreto Sblocca cantieri e ai vari decreti Semplificazione dei governi Conte e Draghi. Il Nuovo codice ha il vantaggio di concentrare la normativa all’interno di un unico dispositivo risolvendo il problema frammentazione. Tuttavia, il problema che bisogna evitare, è che per fare presto si sbagli ancora. Mi riferisco ai temi dei sub appalti e dell’innalzamento delle soglie per gli affidamenti diretti. Affidare direttamente un incarico non significa semplificare la procedura, ma saltare un passaggio fondamentale come quello della gara aperta che può portare alla scelta del miglior rapporto qualità prezzo per l’Ente pubblico. Anziché valutare chi merita con procedura urgenza – ha evidenziato Santillo – si preferisce innalzare la soglia dell’affidamento diretto a 150mila euro, e fino a 1 milione è possibile scegliere in una ristretta lista con 5 offerte aiutando così l’amico di chi affida. Con il subappalto a cascata come si fa ad avere traccia della legalità e dei diritti dei lavoratori?”
Secondo Gianluca Cantalamessa (senatore della Lega in Commissione Industria a Palazzo Madama): “Il Codice degli appalti risponde proprio all’esigenza di velocizzare le procedure. In Italia siamo partiti sempre da una presunzione di colpevolezza nei confronti di imprenditori e amministratori pubblici. Un atteggiamento sbagliato che ha avuto gravi ripercussioni sui tempi di realizzazione di opere pubbliche e private. Con il nuovo ‘Codice’ sparirà la colpa grave dei funzionari pubblici laddove gli stessi dimostrino di essersi rifatti a sentenze della giurisprudenza consolidata o a pareri di autorità competenti in casi analoghi; ci sarà il dissenso costruttivo per i pareri degli enti pubblici che dovranno essere motivati e l’ente dovrà fornire un’alternativa. Per le imprese – ha ribadito Cantalamessa – ci sarà la digitalizzazione della documentazione così sarà più semplice partecipare alle gare; fino a 5 milioni e 400mila euro non sarà obbligatorio ricorrere a procedure di gara aperte come accade in tutta Europa. Sono dimostrazioni della risposta concreta del Codice alla richiesta di semplificazione degli italiani”.
Il punto di vista dei professionisti è stato illustrato da Eleonora Linda Lecchi (commercialista e revisore dei conti dell’Odcec di Bergamo): “Dal 1° aprile è entrato in vigore il nuovo Codice degli appalti con tutto il suo carico di aspettative da parte di imprese e professionisti oltre a quelle riposte per una ripartenza dell’economia di casa nostra. Le disposizioni acquisiranno efficacia dal1° luglio, data ormai vicina. Dal mondo delle professioni tecniche sono state sollevate diverse criticità che riguardano la pianificazione, la programmazione e progettazione. Tutti elementi che rischiano di allontanarci dal raggiungimento degli obbiettivi posti dall’Europa. La più che legittima richiesta di semplificazione e minore burocrazia, costituiscono i primi ingredienti per la crescita del Paese”.
Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni (consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili): “Il decreto legislativo 36 del 2023 modifica radicalmente il codice dei contratti pubblici che risale al 2016 e di mutamenti ne ha subiti anche troppi. Prima di questa riscrittura eravamo già oltre 300 modifiche intervenute. Vedo quest’ultima ridefinizione come un’inversione di tendenza e opportunità in quanto le procedure di gara sembrano molto facilitate e l’idea che tutte le procedure debbano andare su un’unica piattaforma nazionale consultabile da chicchessia dovrebbe consentire una sorta di controllo successivo. Certo l’abbassamento della soglia per l’affidamento diretto può essere preoccupante, ma troppi controlli preventivi e troppi controlli burocratici corrono il rischio di rendere difficile lo svolgimento delle opere”.