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Una donna seduta con il suo cane nel centro storico di Siena
C’è un lato positivo nei periodi di recessione: quando si sta male economicamente la mortalità diminuisce. Accadde così in America nel 1929, ma anche in Grecia negli anni 2000 quando si moriva di più nel periodo che ha preceduto il picco della crisi che in quello di fuoco. La tesi sorprendente è confermata da numerosi studi scientifici citati in un articolo pubblicato sulla rivista Nature.
La scoperta
I primi ad accorgersi di questa ‘anomalia’ furono due sociologi della Columbia University nel 1922. Mentre analizzavano i dati sulla mortalità statunitense nei precedenti 50 anni, William Ogburn e Dorothy Thomas si resero conto che i periodi ‘di magra’ della storia del Paese non corrispondevano affatto a un aumento delle morti. Tutt’altro: le persone – bambini inclusi – morivano di più nelle fasi di prosperità. I due sociologi pensarono subito a un errore nei registri. Non era così.
Nei momenti difficili diminuiscono gli incidenti sul lavoro, in parte perché di solito quelli che conservano il posto sono i più esperti, e in parte perché nei periodi di crisi i lavoratori hanno meno da fare e possono permettersi di porre maggiore attenzione alle attività più rischiose. Non solo: la gente guida di meno e questo riduce il numero di incidenti stradali e migliora anche la qualità dell’aria, che si traduce in meno malattie respiratorie e meno danni al cuore.
Oltre allo smog, i problemi cardiovascolari sono esacerbati anche da stress, cattiva alimentazione, scarsa attività fisica, fumo e alcol. Lavorando meno si hanno meno soldi per concedersi vizi come le sigarette e l’alcol. Tendenzialmente si dorme di più, ci si muove di più e si mangiano (a casa) cibi meno elaborati e cucinati al momento.
Gli effetti negativi
“Ma allora perché ci affanniamo a cercare la ripresa economica se in recessione si sta meglio?” si chiede il giornalista scientifico Lynne Peeples su Nature. Non è del tutto esatto, perché se è vero che la recessione allunga la vita, provoca anche – statisticamente parlando – un aumento delle malattie.
Secondo uno studio del 2009, perdere il lavoro aumenta le probabilità di sviluppare patologie collegate allo stress quali ipertensione, artrite, diabete, disordini psichici. La recessione fa aumentare anche i tassi di suicidio e rende – soprattutto gli americani – più esposti all’epidemia degli oppioidi. E poi ci sono altri effetti collaterali secondari: durante la grande recessione americana, quella che esplose nel 2007, ci fu una forte diffusione delle infezioni.
La sospensione della manutenzione alle piscine delle case pignorate contribuì a far proliferare il virus della West Nile in California. Quando i greci hanno iniziato a depennare lo spray anti-zanzare dalla loro lista della spesa, nel Paese è tornata la malaria. E poi c’è un ultimo aspetto da considerare: “Nei periodi di difficoltà economica i più stanno meglio, mentre per una minoranza di cittadini le condizioni di salute peggiorano drammaticamente”, mette in guardia Christopher Ruhm, economista di Charlottesville.
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