Occorrono “ampie e ambiziose riforme”
La crescita economica dell’Eurozona è in leggero rallentamento ma resterà “robusta, sugli standard degli ultimi anni”. E’ quanto si legge nell’Economic Survey dell’Ocse sull’Eurozona, da cui si ricava che l’Italia resta il fanalino di coda tra i Paesi dell’area Euro. L’Ocse prevede una crescita del 2,2% del Pil dell’Eurozona quest’anno e del 2,1% nel 2019. Per l’Italia invece, le previsioni sono di una crescita dell’1,4% nel 2018 e dell’1,1% nel 2019, le stesse stime che l’organizzazione aveva riportato nell’Outlook del mese scorso.Secondo l’Ocse, nell’Eurozona l'”incertezza resta alta e potrebbe aumentare ulteriormente”. Tra i principali fattori il rapporto cita in primo luogo l'”aumento del protezionismo nel commercio e negli investimenti” e in secondo lo “stress nel mercato del debito pubblico”, una voce che riguarda molto da vicino l’Italia. “Un evento politico negativo come il rafforzamento dei partiti populisti in alcuni Paesi dell’Eurozona, collegato con l’incompletezza dell’architettura dell’area euro”, si legge nel rapporto, “potrebbe portare a un forte aumento dei rischi di ridenominazione (il pericolo che alcuni paesi possano essere costretti a rinunciare all’euro e a reintrodurre proprie valute) e alla perdita di accesso ai mercati per alcuni Paesi sovrano dell’area euro”.
Per scongiurare questi due rischi l’Ocse invita i Paesi dell’Eurozona a varare “ampie e ambiziose riforme”. “La fiducia degli investitori e la crescita potrebbero essere stimolate da un’ambiziosa e ampia intesa per risolvere le fragilità dell’area euro, combinata con l’introduzione a livello nazionale delle riforme strutturali”. In particolare l’Ocse suggerisce di completare “rapidamente” l’unione bancaria, e di proseguire sulla strada della “stabilizzazione di bilancio”, specie in quei Paesi con un’alta esposizione debitoria. L’Ocse chiede poi di varare riforme per unificare il mercato dei capitali.
La Bce viene invitata a mantenere la sua politica accomodante e le banche a risolvere il problema dei crediti deteriorati, in particolare in Italia, dove il “livello degli Npl e’ attualmente superiore che in Irlanda”. Inoltre, l’Ocse mette in evidenza come l’Italia e la Spagna siano i due Paesi che hanno tratto maggior beneficio dal Qe della Bce, i cui acquisti, che a partire dalla fine de quest’anno cesseranno, hanno consentito un calo dei rendimenti dei titoli decennali del Tesoro.
Fonte: AGI