In pensione con un taglio intorno al 3% della quota retributiva dell’assegno per ogni anno d’anticipo rispetto alla soglia di vecchiaia. Questa la nuova ipotesi che si inserisce nel dibattito sulla riforma delle pensioni. A proporla è Michele Reitano della Commissione tecnica istituita dal ministero del Lavoro. Nel dettaglio la proposta si può leggere nella Relazione di fine mandato del Civ, il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, in cui si spiega che esistono troppe «scappatoie» nel sistema previdenziale verso la pensione anticipata. Vediamo quindi cosa potrebbe cambiare e quali sono attualmente le opzioni per lasciare il lavoro.
In Italia «l’età pensionabile risulta ormai elevata e in crescita sostenuta», si legge nella relazione del Civ. Per quanto concerne l’età media al pensionamento – prendendo a riferimento unicamente le pensioni anticipate e di vecchiaia – l’età di ritiro fra i dipendenti privati è attualmente pari a 64,1 e 63,2 anni, rispettivamente per donne e uomini. Valori simili (63,9 e 63,5 per donne e uomini) si osservano nel pubblico impiego, mentre l’età di pensionamento effettiva è più elevata (64,8 e 64) nelle gestioni autonome Inps. Questi dati «smentiscono chiaramente la retorica di chi ritiene ancora limitata l’età di ritiro in Italia grazie alle presunte troppe scappatoie che verrebbero offerte dalla nostra disciplina pensionistica», si legge nel documento che parla di eterogeneità nella capacità dei diversi individui a proseguire l’attività, sulla base di stato di salute, tipo di lavoro svolto, difficoltà occupazionali, carichi familiari. «Ed è proprio di questa eterogeneità che il legislatore dovrebbe preoccuparsi al più presto, sia offrendo effettive opportunità di scelta sul momento in cui pensionarsi, senza tuttavia alterare gli equilibri dei conti pubblici, sia tutelando lavoratori e lavoratrici meno avvantaggiate, sulla base di considerazioni sia di equità che di efficienza produttiva...continua su