Nel 2010 tu hai scritto il libro “L’Europa si è rotta”, qualcosa non ha sempre funzionato a Bruxelles.
L’Europa si era rotta all’epoca e in realtà rischia di rompersi adesso, ma non lo farà. Perché il ruolo degli Stati nazione è sempre stato determinante rispetto alla Commissione europea. Il problema è l’Unione intergovernativa. Sono i singoli Stati ad aver bloccato o non approvato i regolamenti e le direttive, stoppando più volte il processo di integrazione. Bisogna superare l’egoismo nazionale e dare più potere al Parlamento europeo e alla Commissione. Oggi l’Europa è sotto scacco del Consiglio europeo, l’organo che riunisce i 28 leader Ue e definisce l’agenda politica dell’Unione. Lì, gli Stati nazione bloccano le cose che Bruxelles ci chiede di fare. Il solo sovranismo che oggi vale la pena rivendicare è quello europeo.
Europa first?
Sì. Dobbiamo cominciare a considerare l’Europa politica interna, non più politica estera. Quando si parla di Esteri si deve intendere ciò che succede negli Stati Uniti, in Cina o in India. Anche i giornali devono fare un salto di qualità coinvolgendo i lettori italiani in quello che succede in Francia, Germania e Spagna. Ma nei fatti è già così. Pensate a Di Maio che va a incontrare i leader dei gilet gialli. Lo fa perché li riconosce simili alla sua storia. In questa prospettiva Lampedusa non è più confine d’Italia, ma d’Europa e come tale va trattato. E sul tema immigrazione l’egoismo di Macron c’è stato, ma non è l’egoismo dell’Europa, bensì di uno Stato nazione. Il nazionalismo non è un problema che riguarda soltanto l’Italia. E i leader di oggi non sono all’altezza per capirlo. Siamo passati da Churchill a Salvini.
Churchill all’epoca non doveva partecipare ai talk show.
Non sono uno storico, non so se all’epoca dovesse confrontarsi con i terrapiattisi o Toninelli, un ministro che non sa che il tunnel del Brennero ancora non esiste. So che quella classe dirigente era formata da leader in grado di comandare e prendere decisioni impopolari. I politici che hanno guidato l’Europa dal secondo dopoguerra alla ricostruzione erano in grado di dirigere e fare scelte difficili e hanno reso l’Italia una potenza nel mondo. E questo vuol dire far digerire ai propri elettori delle scelte difficili. Nell’ora più buia Churchill disse “io non vi prometto niente se non sangue e sudore”, non titillava il proprio popolo sempre e comunque senza mai assumersi delle responsabilità. I politici di oggi fuggono dalle scelte impopolari e si fanno fotografare mentre mangiano la pizza, mentre imbracciano un fucile o si mettono una felpa in base al luogo dove si trovano. Per dire Di Maio, un altro falsario vero, ha gestito malissimo la ricostruzione del Ponte Morandi a Genova. Prima ha insultato Atlantia, la società di Autostrade per l’Italia per la caduta del ponte e poi li ha inseguiti perché gli serviva un partner per salvare l’Alitalia. Questi non sono classe dirigente, sono follower, non hanno pensieri ma cinguettii.
Eppure la gente li vota. E nei talk show vanno forte gli euroscettici come l’economista Antonio Rinaldi, candidato ora con la Lega, o Francesca Donato che propone l’uscita dall’Euro. Anche loro sono dei falsari?
Sono dei furbacchioni. Rinaldi è establishment puro. È stato uno dei massimi dirigenti dell’Eni e solo da poco ha scoperto gli errori dell’Europa sull’austerità. Così come il professor Savona è pura elites. Siede in più consigli di amministrazione di qualunque altra persona al mondo, è stato tra i fondatori della Luiss, direttore generale di Confindustria e ministro nel governo Ciampi. La gente ha la memoria cortissima. Doveva essere l’uomo del governo del cambiamento per rinnovare l’Europa ma da ministro degli Affari europei è andato una volta sola a Strasburgo, per presentare il suo progetto di riforma, chiamata “politeia”. Poi non si è visto più, ed è stato mandato alla Consob. Si proclamano governo del cambiamento e l’interim per gli Affari europei ce l’ha ancora Conte. Un’altra truffa. La verità è che siamo come nella caverna di Platone e guardiamo le ombre proiettate sul muro della caverna. Solo che non sono ombre ma fake news.
Chi può aiutarci a uscire dalla caverna?
Gli intellettuali. La chiamano élite in modo dispregiativo per me bisogna ascoltare chi ha l’expertise. La velocità della luce non si decide con un sondaggio sulla piattaforma Rousseau, sono gli scienziati a dircelo. Oppure E=mc al quadrato non è sindacabile. Non può mai essere E=mc al cubo, non si può decidere con un clic. Il ruolo dei tanto disprezzati intellettuali è quello di aiutare anche i giornalisti a decodificare e a capire la realtà che ci circonda. Ci siamo ormai dentro tutti in questa bolla dei social network. Non è un caso che i grandi manager della Silicon Valley impongano ai loro figli un uso dei social limitatissimo. Ci sarà un motivo. Forse disintossicarsi è il modo migliore per non credere alla bufala più grande di tutti.
Quale?
Che l’Europa è dalla parte dei poteri forti.
Non è così?
Basta vedere cosa ha fatto il Parlamento europeo dopo lo scandalo di Cambridge Analytica approvando il regolamento generale sulla protezione dei dati personali, il gdpr, che ora gli Stati Uniti ci copiano per limitare il potere dei giganti della Rete. Ma basterebbe anche vedere il lavoro fatto contro la posizione dominante di Google nel mercato dalla commissaria europea alla concorrenza Marghrete Vestager che l’ha multato più volte. Sul tema della tutela del consumatore si è fatto moltissimo. Fatelo notare a chi dice che l’Ue è al servizio delle multinazionali e dei poteri forti. I colossi del web non lo sono? L’Italia ha molto da imparare dall’Europa, soprattutto in materia di lobbyng.
L’Europa non ha eliminato le lobby.
Ma l’ha regolamentate. In Italia ci sono 48 progetti di legge che giacciono ancora in Parlamento sul tema e aspettano di essere votati. La colpa è di Bruxelles o della classe dirigente italiana che ha paura a toccare qualche potere forte? Nei giorni in cui si parla della lobby dell’eolico che attraverso il sottosegretario Siri avrebbe influenzato l’azione di governo, potremmo prendere esempio da Bruxelles. Ma fa troppo comodo avere un capro espiatorio.
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