“Quando mi sono iscritto a Medicina non c’era il numero chiuso e non c’era alcun test di accesso, si entrava direttamente. Anche l’organizzazione e la modalità degli studi erano differenti, erano legati a sistemi del passato e la selezione veniva fatta nel corso dei sei anni, non dopo sei mesi. Chi riusciva negli studi andava avanti, chi non ce la faceva cambiava facoltà: partivamo in 10mila e arrivavamo in mille. In quel momento, inoltre, c’era una situazione di cosiddetta pletora medica, c’erano molti laureati in Medicina. Oggi, invece, ci troviamo in una situazione differente, abbiamo una carenza di medici disponibili non legata ai numeri ma perché molti di loro vanno a lavorare all’estero, perdiamo i professionisti, che stiamo formando per altri. Credo, però, che aver tolto il test di Medicina sia un fatto positivo, perché non poteva essere quella tipologia di test, che non aveva un grande significato, a dovere decidere se una persona potesse o meno fare il medico e potesse o meno realizzare i propri desideri di fare carriera”. Lo afferma il presidente dell’Ordine dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia di Roma, Antonio Magi, commentando le ultime novità sull’accesso alla facoltà di Medicina: stop al test d’ingresso ma rimane il numero chiuso e gli studenti saranno valutati dopo 6 mesi di università.
“È altrettanto vero- prosegue- che oggi le università non sono strutturate per dare una capacità formativa che sia ai livelli che abbiamo avuto fino a questo momento. Noi, lo ricordo, siamo tra i migliori sul fronte della formazione, abbiamo sicuramente i migliori medici a livello mondiale, tanto è vero che sono i più richiesti da tutte le parti. Sono certo che si arriverà a una via di mezzo, anche perché il numero chiuso, di fatto, è rimasto: è aumentato il numero delle iscrizioni, ma entro i primi sei mesi, se uno studente ha fatto un certo numero di esami, se ha una certa media, potrà andare avanti”.
“Il problema che però nascerà e che anticipo fin da ora- evidenzia il numero uno dell’Omceo della Capitale- è la capacità di giudizio: dovendo parlare anche di media, di voti e valutazioni nell’ambito del profitto, cosa accade se poi lo strumento valutativo, ad esempio, dell’università di Pisa non è uguale a quello dell’università di Palermo o dell’università di Milano? Bisognerà dunque stare attenti alle modalità di giudizio, perché si potrebbero creare differenze importanti e non è detto che ci sia una valutazione globale omogenea”.
Secondo Antonio Magi, “la strada è quella di dare possibilità ai giovani di fare la facoltà che vogliono. In Italia è stato un po’ preso ad esempio il sistema della Francia, dove ci vuole un anno per superare lo sbarramento: trascorsi questi 12 mesi si vede quanti esami sono stati fatti, come sono stati fatti e si fa un test per stabilire se gli studenti siano formati proprio rispetto a quel tempo trascorso”.
“Il vero problema- conclude Antonio Magi- è che se poi non diamo il combinato disposto, non diamo ai nostri medici la possibilità di rimanere in Italia, vuol dire che stiamo facendo tutta questa fatica per gli altri e non per noi. Il tutto a spese nostre”.