In un Paese come l’Italia che per carenze infrastrutturali perde l’89% della pioggia caduta la vera grande opera prioritaria sarebbe la realizzazione di una grande rete di bacini diffusi capace di garantire una costante disponibilità di acqua per l’agricoltura e la produzione di cibo, oltre che per gli impianti per energia rinnovabile e gli stessi usi domestici. E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, in occasione dell’Assemblea dell’Anbi, l’Associazione nazionale delle Bonifiche, mentre è in discussione il Dl Semplificazioni.
I temi della disponibilità idrica e dell’irrigazione hanno le carte in regola per entrare – ha spiegato Prandini – nel progetto di investimenti strategici che il nostro Paese deve presentare all’Unione Europea per spendere i fondi messi a disposizione da Bruxelles con il recovery fund. Un intervento, peraltro, perfettamente in linea con gli obiettivi del Green Deal promosso dalla Ue per salvare il clima.
Occorre, in particolare, un piano di investimenti – ha sottolineato il presidente della Coldiretti – per realizzare laghetti e bacini di accumulo, un progetto di medio lungo termine finalizzato a raccogliere l’acqua per l’agricoltura distribuendola nelle aree che l’estate restano a secco favorendo così lo spopolamento e l’abbandono dei territori agricoli, ma anche per alimentare le energie rinnovabili e per garantire gli usi civili. Un intervento che non impatterà solo sul sistema agroalimentare, ma che sarà in grado di coinvolgere università, industria delle costruzioni, settore dell’energia, assieme ad Anbi, Terna, Enel, Eni e Cassa Depositi e Prestiti.
L’emergenza coronavirus ha dimostrato – ha aggiunto Prandini – il valore strategico del cibo e, con esso, la necessità di garantire le condizioni per incrementarne la disponibilità e la capacità di autoapprovvigionamento del Paese. E per questo occorrono risorse idriche: acqua e cibo sono infatti un binomio indissolubile.
Ma per fare tutto ciò – ha concluso il presidente della Coldiretti – occorrono lungimiranza e soprattutto sburocratizzazione. Non si può, infatti, correre il rischio di non spendere i consistenti fondi europei per le inefficienze del sistema Paese, che, al contrario, ha le potenzialità per diventare un punto di riferimento a livello mondiale nella gestione della risorse idriche.