Un caso estremo, che esprime sadismo che va ben oltre il concetto di punizione di un genitore nei confronti del figlio. E’ quello di una donna marocchina di 27 anni residente a Milano che quando ha visto il figlio tornare casa a scuola con un strappo sui pantaloni, lo ha stesso su un tavolo bruciandolo per undici volte ripetute con il ferro da stiro rovente. La donna si è giustificata dicendo di vivere un momento di particolare stress dovuto all’abbandono da parte del suo compagno.
Colpisce che la madre abbia usato come strumento di punizione un ferro da stiro, tipico oggetto di uso materno e casalingo. Il tribunale die minori sta adesso valutando l’adottabilità del minore. Abbiamo chiesto al professor Federico Bianchi di Castelfranco, psicologo e psicoterapeuta dell’età evolutiva, direttore dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma, come è possibile che un genitore possa arrivare a questi estremi punitivi nel confronto di un figlio: “Non si tratta di un problema di punizione” ci ha detto.
“In questo caso abbiamo una donna che ovviamente è alterata nella sua situazione personale, una alterazione che può essere prodotta da tanti motivi diversi non solo l’abbandono del compagno, e prende il figlio come scusa,come difficoltà aggiunta alla sua. Lo ha punito come se fosse la causa di tutti i suoi problemi mentre non centra nulla”. Può essere che situazioni così estreme possano essere provocate dalla solitudine, tenendo conto che questa donna è straniera e magari vive senza molti contatti personali? “Il problema è che di solitudine purtroppo ne vivono tanti. Il criterio è che la solitudine quando entra in un caso dove c’è un forte disturbo è chiaro che il disturbo aumenta.
Non ha possibilità di sfogo e di cambiamenti che il contatto con altri possono suggerire. La solitudine è negativa, però non è la solitudine che porta a fare questi gesti”. Magari avere un referente con cui discutere quando si verificano casi che portano disagio nella vita quotidiana? “La cosa migliore sarebbe se queste persone potessero avere anche un ascolto ma non sappiamo quanto queste persone accetterebbero, spesso dicono di non avere bisogno di nessuno. La possibilità che questo avvenga è più difficile di quanto si pensi”.
FIGLI CHE PICCHIANO I GENITORI
Un tempo la punizione fisica sui figli era la regola, oggi quanto conta il meccanismo di punizione e in cosa consiste? “Le cose sono cambiate. Situazioni di questo livello, non sono punizioni ma sfoghi. Per quanto riguarda il concetto di meccanismo della punizione, una volta lo schiaffone o la sculacciata era la cosa più semplice per ottenere un cambiamento di comportamento. Oggi invece abbiamo genitori che hanno un forte senso di colpa perché stanno poco con i figli, non puniscono e non sanno neanche dire di no. Subiscono sempre poi accade che esplodono.
Ma non è un criterio educativo, meglio la sculacciata prima che l’esplosione violenta dopo. Oggi i bambini sono confusi e sbandarti, applicano comportamenti estremi per richiamare l’attenzione dei genitori. Altra cosa importante da dire è ci sono molti i bambini che picchiano genitori. Il problema di oggi è che insultano in modo violento i genitori equando possono li picchiano. C’è una situazione di genitori imbelli che non sanno cosa fare e bambini disorientati che si scatenano con comportamenti disorientati”.
Una mancanza di una presenza autorevole,conclude il professore, la capacità di usare il buon senso invece delle punizioni: “se io vedo mio figlio steso a terra che mi insulta, dovrei capire che mio figlio sta male, ha dei problemi e richiedere un intervento anche medico”. In queste ultime ore si è aggiunto un caso ancor più drammatico: un padre di 35 anni si è gettato dal balcone di casa al secondo piano con in braccio la figlia di 16 mesi. La bimba è morta sul colpo, lui è ricoverato in gravi condizioni: anche questa una “punizione” estrema? “Sì, ma nei confronti della moglie, non della figlia”. Secondo le prime indiscrezioni infatti fra i due c’erano problemi, forse la paura della separazione.
“Casi come questi mostrano la volontà punitiva nei confronti del coniuge da parte di chi compie il gesto. Non conosciamo le dinamiche interne della coppia, ma se fra i due si stava arrivando alla separazione, il meccanismo messo in atto è purtroppo classico: se mi lasci ti punisco e ti privo della cosa più cara che hai, tua figlia. Anche qui si riproduce il caso di possesso, figli considerati come oggetti di baratto, di vendetta per soddisfare il proprio ego. Mi uccido io, ma tu perderai tua figlia. Punizione estrema, simbolo di una sindrome malata già in precedenza di chi ha compiuto il gesto”.
(Paolo Vites)