L’Italia, indubbiamente, si distingue per la ricerca dello stile, la qualità dei materiali e per l’artigianato di eccellenza. Tuttavia, non è sufficiente il bollino Made in Italy per essere riconoscibili a livello globale, soprattutto nel caso degli Stati Uniti.
Affinché un marchio di design faccia breccia nel cuore degli americani, bisogna conoscere la sofisticatezza di chi lo acquista: si tratta di acquirenti esperti, provenienti da un elevato contesto sociale che non badano a spese se riconoscono il valore. La comunicazione deve essere velata, quasi nascosta, nel rispetto di un acquirente che investe – prima di tutto – con gli occhi. Ostentare, in questa specifica nicchia, allontana potenziali clienti.
“Il Salone del Mobile – spiega Alfio Martire, direttore creativo di Concepto NYC, il dipartimento di branding di ExportUSA – non va confuso con il Made in Italy. Tutto il mondo espone i propri prodotti sia durante la manifestazione, sia contestualmente al Fuori Salone. Quando negli States un oggetto diviene iconico e di uso comune, è perché si è investito in ricerca e innovazione, arrivando così a consolidarne la presenza. In quel caso il valore economico può aumentare di oltre 50 volte rispetto all’Italia. Diviene quasi indispensabile averlo nella propria casa, o in ufficio: uno status symbol, insomma”.
Unicità, impatto ed esperienza sono le parole chiave per esportare un oggetto di design negli USA: un prodotto deve essere irriproducibile, dalle forme impattanti e ultimo, ma non per importanza, deve far vivere un’esperienza visiva che ne racconti la storia in maniera inequivocabile. Ingredienti, questi, indispensabili per crescere in uno dei mercati più competitivi al mondo, dove l’immagine coordinata – dal logo al sito internet sino al packaging – deve portare a una comunicazione visiva efficace.
Investire in comunicazione, dotandosi di una squadra di esperti strutturata non è un aspetto negoziabile. In America – in questo settore – bisogna comunicare agli occhi delle persone.