A giugno 2022, del milione e 600mila occupati operanti in Sicilia, sono risultati essere 564.000 quelli attivi nel terziario di mercato. Sono alcuni dei dati, ricavati nell’ambito della ventiduesima edizione del Forum “I protagonisti del mercato e gli scenari per gli anni 2000”, presentato da Confcommercio nazionale e, in particolare, dal presidente Carlo Sangalli, che riguardano la nostra regione. Anche il presidente regionale Confcommercio Sicilia, Gianluca Manenti, era presente nella cornice di Villa Miami a Roma in cui è stato illustrato il report dell’Ufficio studi Confcommercio. “Nel periodo preso a riferimento, vale a dire sino a giugno 2022 – sottolinea Manenti – le attività terziarie di mercato davano lavoro nella nostra isola a 451.000 dipendenti mentre i lavoratori indipendenti risultavano essere 113.000 e da qui arriviamo al totale di 564.000. Vale a dire circa un terzo della forza lavoro presente in Sicilia. Rispetto alla crescita dell’occupazione assoluta che si registra negli ultimi due anni, poco meno dei tre quarti (il 68,3% per la precisione) appartiene allo stesso terziario di mercato. Il rovescio della medaglia, però, viene dal confronto con i risultati del 2019: se l’occupazione totale non ha completamente recuperato i livelli prepandemici, il deficit è attribuibile in esclusiva proprio al terziario di mercato (-3,4%). In più, la pandemia ha colpito pesantemente le piccole unità produttive e il lavoro autonomo”.
Rispetto a giugno 2020, per quanto riguarda i lavoratori dipendenti del settore si registra una crescita di 65mila unità mentre, sempre prendendo a riferimento lo stesso periodo, si registra una diminuzione del numero di imprenditori di 2.100 unità. “Emerge, altresì – ancora Manenti – che tra giugno 2020 e giugno 2022, l’occupazione nel complesso delle attività economiche di cui si occupa la nostra confederazione è cresciuta di quasi 65mila unità, con il 64,3% di questo incremento concentrato nei servizi. La branca del terziario risultata maggiormente dinamica è quella degli altri servizi alle imprese, con una variazione positiva per oltre 12mila unità, seguita dai ristoranti (+ 3mila) e da alberghi, informazione e cultura e istruzione e sanità che, complessivamente, esibiscono un incremento che sfiora le 18mila unità. Per contro, i settori più penalizzati in termini di dinamiche occupazionali, con incrementi decisamente modesti, risultano quelli del piccolo commercio alimentare (+320 unità) e degli altri servizi alla persona (+400 unità circa), attività prevalentemente organizzate sotto forma di micro-imprese, quasi sempre senza dipendenti, quindi sostanzialmente corrispondenti al solo lavoro autonomo, che hanno subito le conseguenze negative più pesanti del doppio shock, prima pandemico, poi del caro-energia”.