“L’idea del ministro dell’Università Gaetano Manfredi di eliminare gli esami di Stato per quasi tutte le professioni regolamentate, fra le quali anche quella dei dottori commercialisti su eventuale iniziativa del Consiglio nazionale, ci preoccupa non poco. Eliminare ogni tipo di formazione e controllo propedeutici all’accesso alla nostra professione significherebbe screditare professionalità e competenze, rendendo superflui gli obblighi di aggiornamento professionale e l’utilità stessa degli Ordini, fondamentali oggi per organizzare, monitorare e aggregare i professionisti a tutela dell’interesse pubblico”. Lo ha detto Matteo De Lise, presidente Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili (Ungdcec).
“Ancora una volta evidenziamo l’assoluta necessità di confronto fra le istituzioni e le professioni su tematiche che cambierebbero per sempre i nostri destini. Auspichiamo inoltre una presa di posizione da parte del nostro Consiglio nazionale in merito a questa ipotesi, per scongiurare un ulteriore indebolimento della nostra categoria, già poco tutelata”, evidenzia De Lise.
Il presidente dei giovani commercialisti sottolinea come “le competenze nella nostra professione non si acquisiscono solo nel percorso di laurea, quantomeno non se strutturato come oggi, ma soprattutto con la successiva esperienza di un tirocinio pratico sul campo e l’approfondimento di tutte le discipline oggetto della nostra professione. Solo un esame di Stato consente di valutare, garantire e certificare il livello di preparazione. Si comprende la necessità di “consentire una più diretta, immediata ed efficace collocazione dei giovani nel mercato del lavoro”, ma non a scapito della qualità”.
“Oggi la nostra professione – conclude De Lise – viene costantemente martoriata dalle ingerenze dell’abusivismo, ossia da consulenti non iscritti agli Ordini che offrono prestazioni a prezzi inferiori, arrecando danni di natura economica ai propri clienti. Abilitare professionisti senza certezza di una formazione apposita rischierebbe di creare enormi problemi e ritardi a tutta la Pubblica Amministrazione e nuocerebbe all’interesse collettivo. Solo un sistema universitario diverso, con un percorso ad hoc, che includa tirocinio e pratica sul campo (nello stile anglosassone), potrebbe, forse, sostituire l’esame di Stato. Un’ipotesi molto remota ad oggi”.