Di Saverio Fossati
Il convegno, organizzato il 2 ottobre in collaborazione con Assoedilizia e ospitato nella nuova sede di Largo Augusto a Milano, è stato introdotto dal presidente dell’Associazione Achille Colombo Clerici, che ha elencato le numerose criticità milanesi e nazionali, dalle questioni urbanistiche a quella del regime dei suoli, auspicando però una proficua collaborazione con la pubblica amministrazione, nello spirito della milanesità. Ha poi menzionato le attestazioni di attenzione pervenute da innumerevoli esponenti del mondo politico ed istituzionale, fra le quali quelle di Giorgia Meloni, Elly Schlein e Letizia Moratti.
Il pubblico, che ha riempito la sala e in gran parte ha assistito online, ha ascoltato i relatori.
Il convegno, ha spiegato Alberico Belgiojoso (già professore ordinario al Politecnico di Milano, presidente dell’Associazione “Architetti per Milano”) vuole essere un dibattito su alcuni aspetti da curare per la città di Milano, riprendendo quanto detto in diverse occasioni nell’Osservatorio Metropolitano e alla Società del Giardino, ma traducendoli questa volta in proposte di interventi specifici su Milano, sia per aggiustaggi alla normativa, e alle prescrizioni del PGT sia per operazioni di intervento su punti particolari con progetti. Ha cioè lo scopo di fare il punto sulle discussioni svolte durante l’anno e di svolgere una “grande consultazione” su ciò che si vuole per Milano e le sue singole zone.
La presenza storica di Milano, ha detto Belgiojoso, forte ma soffocata a causa della guerra e degli interventi successivi. Ma a questo tema va aggiunta la qualità urbana, superando la operazione tra urbanistica e architettura. Negli anni Sessanta-Settanta hanno cercato di capire cosa venga effettivamente percepito dagli abitanti, intervistandoli. Rilevare la città dal punto di vista di chi si muove. La visione di ogni spazio prima e dopo l’intervento. Occorre capire gli effetti degli interventi, studiando sociologia urbana, ergonomia, psicologia urbana, ecologia dell’ambiente.
Ma che tipo di città è Milano? È anche città d’arte, alla pari con le altre come Roma e Venezia ma in più è città d’arte delle trasformazioni, molto ben leggibili nel tessuto urbano. Ci sono infatti sei parti di Milano: centro storico, i bastioni spagnoli, i due allargamenti del 1897 e del 1923, la cintura ferroviaria, le grandi strade radiali e la periferia vera e propria.
Partiamo dai palazzi imperiali in via Brisa, ha detto Belgiojoso: la proposta è di costruire un’immagine che faccia vedere cosa c’era sopra i ruderi. Poi la messa in evidenza dei cardi, dove è possibile intervenire liberando alcune sovrastrutture e recuperando così le tracce romane. Terzo sistema piazza del Duomo e Diaz sono a S.Nazaro, che mette insieme le glorie architettoniche di Milano, ripulendo piazza Borges dall’arredo urbano e piazza Diaz dagli alberi. Milano ha un “museo diffuso” articolato in molte gallerie d’arte e musei che hanno il pregio di stare in uno spazio urbano (che va migliorato). I bastioni spagnoli e i relativi caselli, impreziositi dal neoclassico austriaco e napoleonico, che hanno sostituito le porte per far pagare il dazio. Al di fuori delle mura spagnole abbiamo una fascia esterna, esempio di sapienza urbanistica con anticipi dell’architettura del Novecento. Ogni volta che si effettua una ricostruzione i residenti se ne vanno, spinti dall’inevitabile aumento dei costi e dei prezzi.
Altri due periodi fondamentali sono stati le grandi annessioni (1873 e 1923). L prima ha assorbito i corpi santi. La cintura ferroviaria, degradata per incuria delle Ferrovie, va restaurata dalle Ferrovie stesse con la riapertura delle arcate e l’eliminazione delle pubblicità sui ponti (almeno bloccando subito le nuove) e va restaurata dalle Ferrovie stesse. La presenza ferroviaria è uno spettacolo, e proponiamo un bar-ristorante panoramico per vedere il movimento dei treni e un vincolo della soprintendenza sulla cintura ferroviaria.
Le grandi radiali vanno utilizzate bene e riqualificate.
La periferia è costituita da cose molto diverse: vecchi borghi, nodi d’interscambio, scali ferroviari, zone agricole, edifici industriali abbandonati.
Milano ha una fascia intorno: valorizzando i nodi d’interscambio e le stazioni dei mezzi pubblici, proteggendo i centri storici per diventare una città più grande e con più di un centro. A Baggio, per esempio, ci sono tesori da recuperare e in via Porpora ci sono edifici di Portaluppi, Giò Ponti e Muzio. Quartieri che vanno protetti e non semplicemente invasi. Milano nel Novecento era capitale d’Europa per l’architettura, ha concluso Belgiojoso.
La parola è poi passata a Marco Engel (presidente dell’INU Istituto Nazionale di Urbanistica Lombardia), che ha parlato di strumenti urbanistici utilizzabili, correzioni possibili al Piano delle No, che ha parlato di, ruolo e interventi delle singole Istituzioni (Comune, Commissione per il Paesaggio, Municipi…) e reperimento di finanziamenti.
Il tema della normativa morfologica, ha ricordato Engel, è centrale nella revisione del Pgt di Milano attualmente in corso ma si tratta di un’operazione difficilissima perché le rilevazioni (come quella del 1948) sugli isolati sono rarissime. Ridefinire a scala di maggior dettaglio la disciplina deve basarsi su dati che di fatto non sono attualmente disponibili. La Lombardia ha una tripartizione dei piani e il Piano dei servizi ha un compito più ampio: oggi i Comuni hanno tutti dotazioni abbondanti rispetto ai minimi di legge ma ora si tratta di migliorarli e questo è il compito del Piano. Quindi il Comune dovrebbe essere in grado di quantificare i costi per valorizzare i luoghi in accordo con la collettività urbana che se ne deve far carico ma i costi sarebbero certo eccessivi. Il progetto dei “raggi verdi” (cunei di verde che arrivano sino in centro) non venne mai formalizzato ma ebbe una ricaduta sui progetti. Un episodio che ha dato luogo a una realizzazione (Baggio, piazza Anita Garibaldi) è il segno dell’interesse a lavorare sullo spazio pubblico presente a fine anni Novanta ed è la prova che le cose si possono fare. E una buona prospettiva per ogni singolo progettista è quella, fortemente radicata nel Pgt, del rapporto tra costruzione e qualità urbana.
Reperimento di risorse economiche e implicazioni immobiliari è stato il tema dell’intervento di Alberto Lunghini (cofondatore e presidente onorario di AICI, Associazione Italiana Consulenti gestori e valutatori Immobiliari). Si tratta cioè, ha detto Lunghini, di generare “vantaggi” per gli investitori, gli utilizzatori degli immobili oggetto di intervento ma anche per l’intera comunità (la “società civile” e l’ambiente). Si deve generare (e non distruggere) ricchezza (in senso lato). Ciò sia in fase di realizzazione dell’intervento sia durante la vita di quanto viene realizzato: in sintesi, migliorare la qualità di vita di tutte le persone che direttamente o indirettamente sono coinvolte nell’intervento.
I finanziamenti, ha spiegato Lunghini illustrando le slide, passano, per gli investitori, da una valutazione del tasso di capitalizzazione, che viene comparato con varie alternative. Oggi possiamo prendere il Btp italiano come riferimento di “rischio prossimo allo zero” e vari altri elementi: a Milano, per esempio, gli investitori “profit” richiedono il 3% per investimenti in aree centrali, cioè a basso rischio, e del 10% in aree con pochi servizi o tessuto urbano degradato. E così, ragionando sul rischio, si arriva a pagare 60 milioni per acquistare 100 mq commerciali in via Montenapoleone.
Ma cosa è successo dagli anni Sessanta in poi: se mettiamo in un grafico l’andamento dei prezzi e li depuriamo dalla variazione inflattiva cominciamo a vedere dei cicli legati anche al potere d’acquisto, che a sua volta va depurato dai dati iniziali. Un mercato, cioè, non cala e non cresce definitivamente. Quando l’inflazione supera l’8% per più anni c’è una corsa all’acquisto e i prezzi salgono, indipendentemente dai tassi anche elevatissimi dei mutui, come nei primi anni Ottanta. La crisi immobiliare non è stata avviata da Lehman Brothers, le compravendite sono scese già nel 2007 ma i prezzi hanno continuato a salire nel corso dell’anno (medie nazionali). I prezzi hanno cioè protetto dall’inflazione, lo dice la fotografie di quanto è accaduto.
Altro dato fondamentale è il numero e la dimensione delle famiglie, non il totale della popolazione. Poi va considerata la politica fiscale.
Certo, ora, sul mercato abitativo va considerato che tranne le zone di pregio (caratterizzate da turismo, industria, arte), dove la popolazione non cala, a livello nazionale il calo invece c’è: da 59 milioni di abitanti nel 2021 a 54 nel 2050, vuol dire che l’offerta potrà superare ampiamente la domanda. Insomma, l’investimento immobiliare è diventato una cosa da esperti.
Giampio Bracchi (presidente emerito della Fondazione Politecnico di Milano) si è chiesto cosa sarebbe l’Italia senza la sua storia e le sue bellezze ma ha richiamato l’attenzione su Milano: una città, secondo Bracchi, dove il forte sviluppo economico ha creato una serie di difetti, come un modello centripeto e radiale come ha detto Belgiojoso. Ma ora la situazione è cambiata: ora è al centro di un’area che serva uno spazio molto più grande della Lombardia, in gran parte si tratta di attività immateriali: servizi amministrativi, informatici, consulenziali. Il 70% delle sedi dei fondi sono nel raggio di 1 km. Abbiamo più di 200mila studenti, siamo nelle 20 maggiori città universitarie mondiali. Per non parlare della moda e delle start up: in questo settore non primeggia ancora ma il distretto della Bovisa con Tef, con l’obiettivo di ospitarne almeno 1000, potrebbe lanciarla tra le prime dieci città europee per presenza di start up.
Dal 1923, ha poi ricordato Bracchi, non abbiano più fatto accorpamenti dei Comuni intorno a Milano ma è importante che restino nuclei di identità locali. Del resto gli accorpamenti del 1923 non hanno fatto molto bene a Baggio o all’Ortica, trasformandoli in anonime periferie. Certo paghiamo caro in termini di mancato sviluppo dell’integrazione e dei mancati collegamenti ma la diversità va conservata.
Salvatore Carrubba (giornalista, ex Assessore alla Cultura di Milano, Presidente del Collegio delle Università Milanesi) ha parlato di un caso esemplare, quello del Marchiondi a Baggio, un edificio brutalista abbandonato da molti anni. Un intervento importante è stato però deciso, coinvolgendo il collegio delle università milanesi che lì dovrà essere ospitato. Si tratterà di un collegio di merito, dove oltre a vitto e alloggio gli studenti dovranno partecipare a un’intensa attività culturale.
Ci saranno 173 posti letto per studenti che operano soprattutto nel campo della creatività. L’intervento sarà finanziato dallo Stato , sana un degrado urbanistico oltre a rispondere alla capacità di rendere attrattiva la nostra città. Non è la prima volta che il sistema universitario interviene migliorando la qualità dei quartieri, come è avvenuto alla Bicocca, alla Bovisa, alla zona della Bocconi. Anche il teatro Arcimboldi ha dimostrato la validità della scelta di portare cultura rivitalizzando le periferie.
Dal pubblico, Alberto Nicolini (Laboratorio qualità urbana e sicurezza) è intervenuto ricordando che per avere qualità urbana occorre indagare nel rapporto tra lo spazio e le relazioni che in questo spazio si creano. Ma ogni volta che torno in Italia ho la sensazione che gli strumenti culturali siano assenti nella pratica. Il Governo Danese pubblica una guida nella quale insegna a riconoscere le caratteristiche della qualità urbana, ai bambini viene insegnato in cui si insegna oro a diventare “cittadini nello spazio urbano”.
Le grandi città fanno molta propaganda sulla loro storia e sui loro obiettivi nelle scuole, è stato detto in un altro intervento del pubblico, ma non Milano: questa coscienza dell’appartenenza a una realtà così complessa ed evoluta va sviluppata in chi vive o anche viene a lavorare in città, la “milanesità” deve appartenere a tutti. I valori vanno trasmessi, bisogna sapere dove viviamo.
Sono poi stati chiesti chiarimenti sul senior living, cui ha risposto Lunghini: si ratta di normali appartamenti pensati per persone di una certa età, non certo Rsa che hanno una componente sanitaria molto spinta. È molto diffuso in Svizzera, Francia, Usa. Il senso è usare una serie di servizi che gli abitanti possono liberamente usare o meno.
Il senior living è una Milano San Felice con ai piedi ristorante con consegna a domicilio, bar, studio medico, parrucchiere, sale comuni per conferenze o mostre. E un gestore di tipo alberghiero che sia anche in grado di organizzare anche domestici a domicilio. Bisogna vedere se in Italia saremo in grado di offrire soluzioni di questo genere a 3mila euro al mese a persona: per ora non in centro e poi si vedrà. A livello nazionale non cresce il reddito medio ma
Milano è un’isola felice dove si potrebbe immaginare progetti concreti.
Giampaolo Berni Ferretti (consigliere Municipio 1 di Milano) ha richiamato l’attenzione sul fatto che 500mila persone al giorno vengono a Milano per lavorare: i collegamenti mancano ma c’è un’idea su questo problema?
Giuseppe Zola (presidente dell’Associazione Nonni 2.0 ed ex prosindaco di Milano) si è chiesto cosa andrà a vedere un turista tra 400 anni? Il tema della bellezza dovrebbe essere sempre presente nella programmazione urbana. E c’è qualche speranza di trattenere i giovani in città? Colombo Clerici ha risposto che il comparto dell’edilizia residenziale pubblica dovrebbe, istituzionalmente, accollarsi l’onere di dare una casa a chi non può permetterselo. Invece il comparto dell’edilizia privata è stato caricato di questi oneri, con l’obbligo di destinare il 50% del costruito nuovo ad alloggi sociali, ed è per questo che nessuno investe più. Siamo così scesi dal 60% al 25% di immobili in locazione (a Berlino è l’80%). Il terzo canale è quello dell’edilizia convenzionata (coop). Ma ci sono 4mila miliardi di risparmi delle famiglie, di cui 1.200 nei conti correnti che aspettano di essere coinvolti in un’operazione casa centrata sull’affitto.
L’architetto Giulio Crespi ha ricordato quale importanza abbia, nell’affermazione della nostra città, lo spirito della milanesità, ed ha sottolineato come siano in ogni caso rilevanti i valori della bellezza, della storia, della cultura.
FOTO
IL TAVOLO DEI RELATORI
IL TAVOLO DIO RELATORI
ACHILLE COLOMBO CLERICI
ALBERICO B. DI BELGIOJOSO
ALBERTO LUNGHINI, ALBERICO BELGIOJOSO, ACHILLE COLOMBO CLERICI, MARCO ENGEL, SALVATORE CARRUBBA
I PARTECIPANTI IN SALA
GIAMPIO BRACCHI
GIUSEPPE ZOLA
SALVATORE CARRUBBA
ALBERICO BELGIOJOSO E ACHILLE COLOMBO CLERICI
GIULIO CRESPI
ANREA BORRI