Un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge hanno creato, usando cellule staminali di topo, strutture simili a embrioni artificiali che ora devono essere impiantati nel corpo della madre o in una placenta artificiale
Creati in laboratorio “embrioni artificiali” di topo pronti per essere impiantati. E’ l’ennesimo traguardo tagliato da un gruppo internazionale di ricercatori, guidato da Magdalena Zernicka-Goetz dell’Università di Cambridge, in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Cell Biology. Qualche settimana fa gli stessi ricercatori hanno annunciato di aver creato strutture simili a un embrione artificiale, usando cellule staminali di topo. I nuovi “simil-embrioni” creati sono in grado di espletare un processo chiave per la vita di qualsiasi embrione, la cosiddetta “gastrulazione”. Per diventare embrioni artificiali a pieno titolo, dovrebbero essere impiantati nel corpo di una femmina o in una placenta artificiale. A differenza di quanto fatto precedentemente, i ricercatori hanno utilizzato 3 tipi di cellule staminali diversi, anziché solo due. Questo ha permesso alle staminali di ricreare la gastrulazione, quel processo chiave in cui le cellule embrionali si “auto-organizzano” nella struttura corretta per formare un embrione. La gastrulazione rappresenta il momento in cui l’embrione passa da uno a tre strati: uno interno, uno intermedio e uno strato esterno che andranno a determinare quali tessuti o organi andranno a sviluppare le cellule. “Una corretta gastrulazione nel normale sviluppo è possibile solo se si hanno tutti e tre i tipi di cellule staminali. Per ricostruire questa danza complessa, abbiamo dovuto aggiungere la terza cellula staminale mancante”, spiega Zernicka-Goetz. Aggiungendo questo “nuovo ingrediente”, ovvero le cellule staminali endodermiche “primitive”, alle cellule staminali embrionali e alle cellule staminali trofoblastiche extra-embrionali, i ricercatori sono stati in grado di osservare il processo di gastrulazione nel proprio “embrione”, cioè la sua organizzazione in tre strati. I tempi, l’architettura e i modelli di attività genica riflettevano gli stessi di quelli dello sviluppo di un normale embrione.
“I nostri embrioni artificiali hanno subito l’evento più importante della vita nel piatto di cultura”, riferisce Zernicka-Goetz. “Ora sono estremamente vicini all’essere veri embrioni, per svilupparsi ulteriormente dovrebbero essere impiantati nel corpo della madre o in una placenta artificiale”, aggiunge. Ora, dicono i ricercatori, dovrebbero essere in grado di capire meglio come i tre tipi di cellule staminali interagiscono per consentire lo sviluppo dell’embrione. “Ora possiamo provare ad applicare questo ai tipi di cellule staminali umane equivalenti e quindi studiare i primissimi eventi nello sviluppo degli embrioni umani senza dover effettivamente usare embrioni umani naturali”, dice Zernicka-Goetz. Questo significa poter comprendere più cose sugli aspetti fondamentali delle prime fasi dello sviluppo dei mammiferi. In effetti, si potranno studiare eventi che si verificano oltre il 14esimo giorno nelle gravidanze umane, ma senza utilizzare embrioni umani di 14 giorni. La legge del Regno Unito, infatti, consente di studiare gli embrioni in laboratorio solo fino a questo periodo. Le prime fasi dello sviluppo embrionale sono cruciali. E’ in questi momenti che avvengono principalmente gli aborti e allo stesso tempo sono stadi di cui sappiamo molto poco. “Ora abbiamo un modo di simulare lo sviluppo embrionale nel piatto di cultura, quindi dovrebbe essere possibile capire esattamente cosa sta succedendo durante questo straordinario periodo nella vita di un embrione, e perché a volte questo processo fallisce”, conclude Zernicka-Goetz.
Fonte: AGI