I velocisti italiani protagonisti sul traguardo di Tel Aviv. Viviani ha saputo farsi trovare al posto giusto: con l’eccezionale colpo d’occhio tipico del pistard, ha scelto il momento opportuno per scattare. La maglia rosa cambia padrone
Tel Aviv – Se Gerusalemme ieri era apparsa un po’ freddina nell’accoglienza alla corsa rosa, con una partecipazione all’evento che le immagini televisive facevano apparire più curiosa e marginale che effettivamente coinvolta, il trasferimento del Giro a Tel Aviv ha avuto modo di evidenziare luoghi affollati e densi di appassionati festanti a bordo strada quasi ovunque.
Quanto meno, nei luoghi dove ciò era possibile, in considerazione che la seconda tappa in terra d’Israele si è consumata per la maggior parte lungo splendide e larghe autostrade. Una folla eccitata, da far temere in alcune circostanze situazioni a rischio incolumità dei corridori. L’imponente servizio d’ordine ha dato l’idea di essere addestrato principalmente a scongiurare gravi pericoli di natura di ordine pubblico, considerata la zona da sempre particolarmente sensibile a situazioni precarie in tal senso, maturate da anni e anni di tensioni di carattere geopolitico.
Un servizio però che è apparso impreparato a gestire situazioni ordinarie legate a un evento ciclistico. Tantissime persone assiepate ai margini, in un infinito cordone umano, Troppo spesso però sporgenti verso la strada per scattare foto o realizzare video con i cellulari, con il fine di immortalare il passaggio della corsa. Fortunatamente, alla fine della seconda giornata agonistica, si può tirare un sospiro di sollievo. Mettendo in bilancio una giornata da ritenere sicuramente molto positiva da un punto di vista organizzativo, e un indiscutibile successo anche dal punto di vista mediatico.
Si attendeva una tappa dedicata alle ruote veloci e così è stato. Un copione rispettato anche nei confronti del vincitore di tappa: il super favorito Elia Viviani ha confermato i pronostici, aggiudicandosi la prima tappa in linea del Giro d’Italia edizione 101, mettendo in fila Jakub Mareczko, Sam Bennett, Niccolò Bonifazio e Sacha Modolo.
Un pullulare di bandierine italiane nella “top ten” dell’ordine d’arrivo della tappa di Tel Aviv. È bene sottolineare subito però, che parte del gotha delle ruote veloci ha deciso di disertare quest’anno la corsa rosa. Se è vero che gli assenti non hanno mai ragione, è anche giusto e opportuno cercare di capirne le cause. La più plausibile, forse, è quella che i grandi sprinter non hanno gradito le sempre più numerose insofferenze da parte di Mauro Vegni e soci, che con i loro sempre più frequenti disappunti hanno rimarcato la loro disapprovazione nel vedere i grandi protagonisti degli sprint abbandonare la corsa alla vigilia delle montagne. Un atteggiamento poco edificante per corridori professionisti, programmato con eccessivo cinismo e noncuranza, tale da essere interpretato come una forma irriguardosa e priva di rispetto nei confronti dell’organizzazione oltre che – cosa ancora più grave – dell’evento stesso. Se così fosse, nessun rimpianto per loro.
Tornando alla volata che ha visto emergere il pronosticato Elia Viviani, c’è da dire che l’iridato della pista ha usufruito solo in parte del lavoro della propria squadra, cercando di sfruttare con freddo opportunismo le scie dei corridori della Bora Hansgrohe. Alla fine, pur suscitando qualche perplessità per la sua posizione abbastanza nelle retrovie ai meno 900 dal traguardo, Viviani ha saputo farsi trovare al posto giusto ma soprattutto, con l’eccezionale colpo d’occhio tipico del pistard, ha saputo scegliere il momento opportuno quando è schizzato sulla ruota di un esplosivo Jakub Mareczko che ai meno 300 ha deciso di uscire allo scoperto. Da più parti si sono levate critiche nei confronti del velocista della Wilier Triestina-Selle Italia per la sua scelta frettolosa di lanciarsi nello sprint. Analizzando più attentamente quelle fasi, viene piuttosto da ritenere frettolosa tale critica. In una volata dominata in maniera perentoria dallo sprinter veronese, il corridore di Citracca e Scinto è stato l’unica che ha inteso contrapporsi con una mossa coraggiosa. Attendere oltre, avrebbe significato accettare con rassegnazione l’evidente superiorità di Elia Viviani. Se andiamo a ripercorrere i tanti sprint di Mark Cavendish sulle strade del Giro e del Tour, ai tempi in cui sembravano non esistere avversari per il fuoriclasse dell’Isola di Man, i pochi che si sono tolti la rara soddisfazione di spuntarla nei suoi confronti, è perché in quelle circostanze sono stati abili a giocare d’anticipo e scegliere i tempi giusti. Pertanto, nel rispetto delle gerarchie che adesso lasciano intravedere un Viviani super e difficilmente contrastabile, diamo atto del coraggio del giovane Mareczko che, possiamo esserne certi, ci proverà anche domani nell’ultima tappa in Israele, sul traguardo di Eilat.
La maglia rosa cambia padrone – Per Dumoulin è stato sufficiente lasciare il giusto gap tra sé e gli avversari nella crono inaugurale. Non sarà Rohan Dennis a turbare i suoi sogni rosa. Lo si è vista chiaramente quando con il massimo disinteresse ha permesso all’australiano del team BMC di andare a raccogliere i secondi di abbuono che il traguardo volante di Cesarea, metteva a disposizione. Bottino pieno per Dennis, che adesso veste la maglia rosa con 1” di vantaggio sull’olandese che anche attraverso questi atteggiamenti, sembra raccogliere l’eredità di Miguel Indurain. Un’analogia che, è bene sottolinearlo, avrà bisogno di tantissime e ulteriori verifiche sulla strada. Intanto però, si è già stabilità una sorta di unità di intenti tra BMC e SUNWEB. Per Dumoulin e compagni ciò potrebbe significare minore stress e minore tensione da spendere nelle prime tappe, dove almeno la difesa del simbolo del primato può essere delegata ad altri. Un ragionamento perfetto, sul quale risulta difficile dissentire. A parte qualche dubbio che può affiorare, sulla sacralità del simbolo maglia rosa.
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