ROMA – Ha avuto più fortuna postumo, come certi pittori e scrittori nella storia. Anche se John DeLorean è stato un manager dell’auto che fra gli anni ’60 e i ‘70 sapeva guardare oltre, o forse troppo. Brillante ingegnere della General Motors, reinventa il marchio Pontiac, lancia quella che viene considerata la prima muscle car americana dal nome GTO “copiato” dall’omonima Ferrari di quegli anni, rilancia Chevrolet, si fa cacciare da Gm, vive di jet set, fa disegnare da Giorgetto Giugiaro la creatura della sua avventura imprenditoriale fallimentare DeLorean DMC-12, va sotto processo per traffico di droga da cui esce assolto, ma finito. E poi la consacrazione non richiesta: il film “Back to the future” di Robert Zemeckis del 1985, esattamente 35 anni fa, in cui è protagonista la sua DeLorean DMC-12 lo eternizza, suggerendo a tutti – e non solo a Marty McFly – che può far bene tornare a ritroso nel tempo per provare a capire meglio il domani.
Vale anche per DeLorean, nato a Detroit nel 1925 da padre rumeno, a scuola passione per la musica e null’altro da ricordare. Ma partiamo dalla fine, dalla sua macchina che recita nel film, l’auto nomen omen se ci atteniamo alla prima traduzione dal latino “il nome è un presagio”. È il 1975, il manager è stato messo fuori dalla Gm con una liquidazione favolosa per quei tempi, 650.000 dollari, anche se nella sua narrazione passa per “l’uomo che ha licenziato Gm”. Nasce DeLorean Motor per costruire, dice, una “ethical sports car”: nell’operazione ci mette la liquidazione aggiungendo 50.000 dollari, convince il celebre conduttore e comico Jonnhy Carson a sborsare mezzo milione di dollari e soprattutto il governo britannico a investire l’equivalente di 120 milioni di dollari. In cambio, DeLorean costruisce la fabbrica in un sobborgo di Belfast anche se il quartier generale rimane a New York e l’ufficio vendite principale a Los Angeles, le due città di riferimento per la vita mondana del manager.
La DMC-12 è disegnata da Giugiaro (“onestamente credo che nessuno potesse immaginare che sarebbe diventata un oggetto di culto in tutto il mondo”, dirà successivamente), ma sarà pronta solo nel 1981. Sotto il cofano c’è un V6 da 130 cavalli, niente di spettacolare né di “etico”, dal prezzo stellare di 26.000 dollari (8.000 più di una Corvette) e con problemi di qualità: se ne costruiranno meno di 9.000 unità, il tempo di far finire la società in bancarotta nel febbraio del 1982.
DeLorean, che si era autoassegnato un compenso di 475.000 dollari all’anno più 1.000 a settimana per le spese, prova a salvare disperatamente il suo sogno finché nell’ottobre viene arrestato con l’accusa di traffico di droga, da cui sarà assolto due anni dopo. La sua morte per ictus può attendere il marzo del 2005, ma la sua carriera finisce qui. Ci penserà l’immaginario cinematografico a far viaggiare all’indietro la curiosità per una vita privata e professionale sopra le righe.
Apre la fabbrica di auto a Belfast? “Comincio a pensare che Dio mi abbia portato qui come parte della soluzione dei problemi dell’Irlanda del nord”, dice sul conflitto tra protestanti e cattolici. Se sul muro del suo ufficio da dirigente di una Gm austera c’è Snoopy, fuori è tutto donne e motori: flirt attribuiti da Candice Bergen a Ursula Andress, da Nancy Sinatra a Raquel Welch, più mogli con oltre vent’anni meno da cui divorzia rapidamente, narciso non poco se una ex girl friend racconterà al giornalista del Washington Post incaricato di scrivere il necrologio del manager che “a Natale mi regalò una elegante custodia di pelle con tutte foto sue”.
Come manager, inizia in Chrysler e poi va alla Packard dove si fa notare per una serie di brevetti. Nel 1961 a 36 anni è capo ingegnere alla Pontiac. Il marchio è considerato da “vecchi” e la decisione della capogruppo Gm di vietarne le attività sportive fa il resto. Ma DeLorean pensa ad auto che corrono. Un sabato a Milford sulla pista di prova decide di mettere sotto il prototipo di una Pontiac Tempest un motore più grande. Per il nome pensa a quello della Ferrari 250 GTO, acronimo di Gran Turismo Omologato lanciata nel 1962. Non può però imbarcarsi in cause con il costruttore italiano, per cui declina su Pontiac Tempest LeMans con allestimento GTO. I vertici Gm storcono il naso, ma nel 1964 il modello è pronto: ha un V8 da 325 cavalli, una enormità rispetto ai 140 della Tempest normale. Il mercato non se ne accorge finché, su suggerimento del pubblicitario Jim Wangers, la rivista Car and Driver propone un test comparativo fra una Pontiac Tempest GTO e una Ferrari 250 GTO. Si sottintende, come racconta nel libro “Engines of Change” Paul Ingrassia, giornalista premio Pulitzer per una inchiesta sulla Gm, che l’auto americana non possa perdere. Wangers manda in pista all’insaputa dei giornalisti una GTO modificata e ancora più potente: “La Pontiac batterà la Ferrari nella drag race…”, si legge nell’articolo, mentre in redazione confessarono di “non aver mai veramente ottenuto una Ferrari per il test” e di aver “semplicemente ipotizzato ciò che la Ferrari avrebbe dovuto fare”.
Ma per la promozione basta e avanza: la Pontiac GTO diventa un successo e nel 1965 DeLorean a 40 anni è numero uno del marchio. È giovane, come i nuovi clienti della sua creatura accompagnata in una pubblicità da questo claim: “Get one, before you’re too old to understand”. Prendine una, prima che diventi troppo vecchio per capire. Il resto sarà spettacolo.Fonte www.repubblica.it