A sostegno dei bambini e delle loro famiglie, ma anche del settore della ristorazione: la campagna di Azione contro la Fame apre uno spaccato su una doppia emergenza
Se l’emergenza coronavirus ha insegnato qualcosa, è quanto gli uomini abbiano bisogno gli uni degli altri. Fare fronte comune di fronte alle necessità comuni, offrire sostegno reciproco e, non ultimo, anche la propria solidarietà. Come e quando possibile, perché la pandemia ha reso chiaro come l’uniformità sia stata anche nella sofferenza. Il punto è che, laddove il Covid-19 ha allargato lo spettro delle criticità, creando di fatto nuovi e inaspettati (fino a qualche mese fa) contesti di sofferenza, nei luoghi già vessati da emergenze di varia natura si siano scavati dei solchi decisamente profondi. Soglie di povertà più vicine per chiunque, con tutto ciò che ne deriva. Preoccupanti livelli di instabilità alimentare su tutti, che del resto è il rischio maggiore per chiunque affronti situazioni di particolare criticità. Siano esse portate da instabilità sociali, da conflitti territoriali o da qualunque altro fattore sia in grado di determinare il difficile approvvigionamento di cibo. La genesi della fame nel mondo.
Povertà e fame
I dati parlano chiaro. Stando al rapporto sullo Stato della Sicurezza Alimentare e della Nutrizione nel Mondo (Sofi), a soffrire la fame sono quasi 690 milioni di persone nel mondo. Un numero vertiginoso, scioccante se si pensa che, secondo le previsioni, altri 265 potenziali milioni di persone potrebbero finire presto (entro l’anno) nella stessa condizione. E questo proprio in virtù degli strascichi lasciati da una pandemia che continua a tenere in apprensione le economie globali. Cinque anni fa, 60 milioni di persone in meno pativano la fame nel mondo. Numeri freddi ma che fanno riflettere su una deriva che, giorno dopo giorno, rischia di diventare sempre più concreta. Specie in una fase in cui il fantasma dei nuovi lockdown continua ad aleggiare sul Vecchio Continente, dove qualcuno ha già adottato misure restrittive che, in buona sostanza, mettono al centro dei provvedimenti una categoria ben precisa: quella della ristorazione.
Sostegno comune
L’equazione, a questo punto, è piuttosto semplice. Insicurezza alimentare e del settore alimentare. Due elementi assonanti ma che richiedono interdipendenza, uno sguardo in grado di conciliare entrambi i casi di sofferenza e a far sì che, anche in tempi di difficoltà, si riesca a non dimenticarsi di loro. La campagna di Azione contro la Fame “Siamo tutti sulla stessa tavola” si inserisce proprio in questo contesto. Sei anni di “Ristoranti contro la fame” ma, questa volta, un impegno comune a sostegno non solo delle tradizionali aree geografiche soggette a malnutrizione, ma anche degli stessi ristoratori aderenti. Oltre 700 le attività che, negli anni, hanno aderito al progetto, con oltre 500 mila persone che hanno beneficiato dei fondi raccolti attraverso l’iniziativa (circa 350 mila euro), utili per fronteggiare l’emergenza cibo soprattutto per i bambini. Sedicimila dei quali aiutati proprio da AcF e dalla buona volontà dei ristoratori. I quali, con il lockdown, hanno stimato perdite di circa il 40%. Numeri che potrebbero in breve peggiorare ulteriormente.
Fame, il dramma dello spreco
Due euro per un “piatto solidale”, 50 centesimi per una “pizza o panino solidale” e altrettanti per una bottiglia d’acqua. Una cifra modesta, apparentemente. Eppure un piccolo ma fondamentale tassello verso la risoluzione del dramma della denutrizione nel mondo. E, nondimeno, un incentivo a sostenere il settore della ristorazione, fra i più vessati dalle restrizioni causate dal Covid. Ma anche uno spiraglio di riflessione sul senso di responsabilità comune che, oggi più che mai, impone una presa di coscienza sui rischi dello spreco alimentare. Un vizio dagli effetti devastanti ma, prima della pandemia, al quale forse non si dava il giusto peso. “La sensibilità è crescente su questo tema – ha spiegato a Interris.it Simone Garroni, direttore di Azione contro la Fame -, da un punto di vista della popolazione, delle famiglie, nel settore della ristorazione. Anche con iniziative che vengono fatte da noi nelle scuole, dove i ragazzi cominciano ad approcciarsi al rispetto reciproco, anche a livello normativo. Il trend è nella direzione giusta, così come il trend della lotta alla fame e alla malnutrizione era nella direzione giusta, anche se dobbiamo raggiungere risultati ancora più consistenti”.
Un settore a rischio
Contestualmente alla responsabilizzazione comune sulla lotta allo spreco alimentare, l’accostamento malnutrizione-sostegno alla ristorazione rende chiaro, una volta di più, come l’impatto del coronavirus abbia trascinato sulla soglia del default interi settori, un tempo trainanti. E, al contempo, aperto una finestra sul mondo sempre più comune dei nuovi poveri: “Per quanto riguarda le nuove sacche di povertà – ha spiegato ancora Garroni -, purtroppo se ne stanno creando di nuove. Tanto nei Paesi di tradizionale intervento da parte nostra, quindi nel Sud del mondo, quanto nel Nord del mondo”.
Il quadro italiano
E l’Italia non fa eccezione: “La povertà, anche in Italia, sta crescendo. Sono numerose le famiglie che si sono affacciate, in questi mesi, per la prima volta a chiedere un supporto in termini di cibo e/o economico per poter sostenere i costi dell’abitazione, visto che avevano perso il lavoro o attività imprenditoriali. E’ vero anche che la protezione sociale è probabilmente più semplice e solida per chi è dipendente. Questi trend si stanno verificando anche in Italia. Sono state numerosissime le iniziative di sostegno, sia in termini di cibo che di altro tipo. Anche in una città come Milano. E questo è qualcosa che ci sta spingendo a considerare interventi proprio nel nostro Paese, per poter prestare la nostra esperienza anche a favore delle popolazioni che vivono in Italia”. Una solidarietà reciproca che, ora, passa dal cibo. Tratto distintivo del nostro Paese e vero elemento di comunità. Del resto, quando si è seduti a tavola si è davvero tutti uguali.