Una ricerca del professor Leive dell’Università della Virginia rivela che gli atleti arrivati secondi nelle varie competizioni hanno avuto poi una vita più lunga e piena di successi. E, in termini economici, hanno guadagnato più dei primi
Gli Abba cantavano “The winner takes it all”, tradotto il primo si prende tutto. In pratica sì, perchè, parlando di sport, chi conquista la medaglia d’oro o arriva primo ad una competizione ha tutti i riflettori puntati su si se’. E come recita un antico detto “Del secondo non si ricorda nessuno”. Ma non è proprio così. Qualcuno sembra aver rovesciato le posizioni. I secondi sembrano avere una sorta di riscatto. Basta leggere sulle pagine del Journal of Health Economics la ricerca di Adam Leive, professore dell’University of Virginia. Questo studioso ha esaminato le vite di un grandissimo numero di atleti che hanno gareggiato tra il 1898 e il 1946. Ebbene, la conclusione alla quale è arrivato, è che i vincitori di una medaglia d’argento che sono arrivati a vivere più di ottant’anni sono tre volte tanti coloro che hanno vinto l’oro. E come se non bastasse questi secondi non solo campano più a lungo, ma dopo essere saliti sul gradino del podio più basso hanno guadagnato molto più dei primi. Nel dopoguerra esistono per esempio dei casi eccezionali per cui i secondi ancora oggi sono ricordati più dei primi. E’ il caso nel calcio dell’Olanda del grande Johan Cruijf che arrivò seconda ai campionati mondiali di Germania del 1974. Ebbene gli “orange” così venivano chiamati gli olandesi non conquistarono il primo posto ma rivoluzionarono il modo di giocare a calcio. E ancora oggi quella squadra è ricordata come un modello innovativo. Andiamo indietro di vent’anni. La “squadra d’oro”, vale a dire l’Ungheria di Puskas che arrivò seconda ai campionati mondiali del 1954 in Svizzera. Anche i magiari furono sconfitti dai tedeschi in una rocambolesca partita ma misero in mostra un calcio nuovo, completamente rivoluzionario. Da precisare che da indiscrezioni, già all’epoca, sembra che i tedeschi fossero dopati! Ma resta il fatto che oggi si parla della “Grande Ungheria”.